Nota epistemologica da bordo tavolo (con apparizione del dio Culo)
A volte, osservando certi comportamenti post-sconfitta, mi viene da pensare che il concetto di animale umano sia più che mai attuale. Non tanto per la specie, quanto per la reazione istintiva al biliardo: ringhio, posture da predatore, sguardi da branco ferito.
Eppure, nel momento in cui il vincitore propone una birra per stemperare, ecco che riemerge la persona non umana: un’entità che, pur non avendo vinto, reclama dignità, rispetto e diritto alla rivincita.
In fondo, il biliardo è un laboratorio antropologico: si parte come Homo ludens, si finisce come Homo iracundus. Ma tranquilli, la scimmia che è in noi ha solo bisogno di una pausa e di un po’ di ironia evolutiva.
Lo stesso istinto animale che ha edificato le religioni — e attorno ad esse le società umane, adoratrici di divinità improbabili, incredibili e infrequentabili — nel biliardo ha generato il Deus Culum: una forma ibrida tra religione, filosofia e stile di vita. Rigorosamente non strutturata, non gerarchica, democratica, a ruoli mobili, priva di un corpo sacerdotale fisso, essa prevede solo funzioni sacerdotali temporanee, ricoperte di volta in volta dall’eletto di turno. È l’evoluzione… è l’Homo culosus (se si preferisce usare il greco moderno invece del latino : κολόφαρδος (kolófardos) cioè persona dal grande sedere.
Epifania del dio Culo
Nel momento del tiro incerto, quando la fisica si fa probabilità e la geometria si piega al tremore del polso, il giocatore invoca silenziosamente la divinità più ambigua del pantheon biliardistico: Culo, dio bifronte della fortuna.
Culo non ha templi, ma ha milioni di altari improvvisati: ogni bordo, ogni buca, ogni rimbalzo che sfida la logica. È un dio che si manifesta solo in assenza di merito, e che viene bestemmiato con fervore quando decide di favorire l’avversario.
La sua teologia è semplice quanto consolatoria ed autogratificante
- Se ti aiuta: “Culo, grazie.” (solo pensato, per non attirare l’invidia).
- Se ti tradisce: “Ma che culo!” (detto con tono accusatorio, come se il dio avesse sbagliato destinatario).
Culo è il nume tutelare dell’epistemologia biliardistica: dimostra che la verità del colpo non è nel gesto, ma nell’esito. È il principio di indeterminazione applicato al gioco da bar. E come ogni divinità moderna, è soggetto a oscillazioni di consenso.
Il dio Culo non va mai offeso: chi lo fa rischia la sorte di Alcibiade, travolto dallo scandalo delle erme mutilate.
Il mantra che caratterizza questa religio è:
“Vede, Fantozzi… il suo è culo. Il mio è classe.”
Dal film Fantozzi (1975), diretto da Luciano Salce. La frase è pronunciata dal principale del povero Fantozzi, l’On. Cav. Conte Diego Catellani (ritratto nell’immagine in evidenza)- Tiri coglionazzo
