Un racconto di Gino Benvenuti
FONTE Giorno per giorno, 2018
-Tra quattro giorni sarà Natale e quest’anno cade di Lunedì- pensò il direttore Soldini dopo essere tornato in taxi, a causa della pesante ed imprevista nevicata, nella sede principale della banca da lui diretta.
Seduto in poltrona, appena finito di fare il consueto incontro con il suo vice nella filiale a lui più lontana, si mise subito al lavoro per verificare 1’ organizzazione del piccolo rinfresco che tutti gli anni si teneva alla vigilia delle feste di Natale tra gli impiegati di questa piccola banca molto legata al territorio. L’appuntamento quest’anno fu previsto per Sabato mattina alle ore 9 nella sala delle conferenze in maniera da permettere a tutti di ritirarsi in tempo utile per le varie spese e gli impegni familiari. Rilesse il proprio discorso dell’anno precedente e pensò di trascrivere alcuni nuovi periodi.
-Faccio bene ad aggiungere queste cose importanti- commentò nel rileggere le due frasi che aveva precedentemente annotato con cura su un foglietto -anche se non ci sono state particolari novità rispetto all’anno scorso sarebbe sconveniente riproporlo uguale- precisò dopo averlo riletto ad alta voce nella sua stanza.
Fece recapitare il testo alla segretaria che in brevissimo tempo glielo riconsegnò dattiloscritto.
I racconti di un fiato di Gino Benvenuti
FONTE Border Line Luglio 2019
Come tutti gli anni, si ripete un rito con tante persone impegnate a dipingere un Natale che non c’è, con la complicità delle televisioni che trasmettono immagini di Babbi Natale, corpulenti e barbuti, libranti per i cieli su slitte dai sonagli rumorosi trainate da renne, che sono sempre le stesse e forse avrebbero bisogno anche di un po’ di riposo, reclames accattivanti, bambini sorridenti e non so cosa ci sia da sorridere specialmente per quelli che si nutrono con un dollaro al giorno, grazie a questo mondo perennemente fondato sulla guerra, ed inondato da messaggi di una bontà umana smentita da episodi di razzismo e di esclusione sociale che la negano tutti i giorni dell’anno con il risultato di far apparire queste feste come un armistizio, di tre o quattro giorni, dove si possa celare sotto il tappeto, tutto lo schifo sociale scambiando complimenti ed effusioni, salvo poi affilare le armi dopo l’Epifania quanto tutte quelle donne magre ed orribili rientreranno nelle loro sedi sempre più stanche, perché i comignoli oggi sono sempre più stretti o dirittura sbarrati da griglie metalliche che impediscono questa distribuzione di doni, al contrario di chi, approfittando del rilassamento inevitabile, disattende scorrettamente questa tregua e con un clic del suo computer sposta ingenti somme di danaro da un posto all’altro del globo provocando per molti sicuramente disperazione, perché è facile capire come la fortuna di uno, si basa sulle disgrazie di tanti a cui non basteranno stelle luccicanti, né languidi bagliori lunari su cieli stellati o canzoni suggestive o gli auguri del vicino o pranzi succulenti, per digerire questa iattura e bestemmieranno così tanto per cui non basterà un anno per redimersi, offendendo proprio colui che si vorrebbe paradossalmente festeggiare, ma non c’è molto da meravigliarsi di questa incongruenza perché sono quasi duemila anni che parte dei suoi seguaci lo hanno sconfessato ed umiliato nella pratica.
Quando, dopo aver camminato per tutta la mattina e parte del pomeriggio, Pasquale P. venne colto da un improvviso strizzone, pensò bene di entrare in un bar ed ordinare un caffè chiedendo nel contempo l’uso della toilette, ma al rifiuto del gestore perché guasta, fu costretto a ripetersi in altri bar con risultati analoghi mentre la situazione diventava più difficile per le note proprietà del caffè che aumentano la peristalsi intestinale, sennonché la vista di un ambulante, che gli offrì dei bellissimi limoni, parve illuminarlo invogliandolo all’acquisto d’una mezza dozzina di agrumi, che portò via opportunamente imbustati, e, senza attendere il resto, a causa di un rinnovato gorgoglio della pancia, sostò nei pressi di uno stabile dal portone sgangherato per raccogliere una busta di plastica prima di appoggiarsi al muro, di un andito tenebroso luogo ideale per poter dare finalmente sfogo ai suoi bisogni e, prima che qualche inquilino si accorgesse di simile attentato alla decenza, si pulì alla rinfusa lasciando gli agrumi sul pavimento per poi uscire gioiosamente nella strada con il sacchetto richiuso ed annodato che faceva oscillare con le corte braccia per cui un giovane ladruncolo, dopo averlo seguito per una ventina di metri prese la rincorsa e prima che egli se ne rendesse conto, glielo sfilò di mano cominciando a correre inseguito istintivamente per un breve tratto dal derubato a cui sfuggì involontariamente il grido “al ladro, al ladro”, raccolto immediatamente da una pattuglia della polizia in perlustrazione che inserì subito la sirena e, fatta una rapida inversione ad u, inseguì il giovane lestofante che, vistosi perso con la polizia alle calcagna, richiamò un collega con un prolungato fischio scambiando poi il sacchetto come al gioco delle bandierine ed obbligando la polizia ad un’altra inversione di marcia che bloccò il traffico creando un comprensibile disagio con l’unico effetto di rendere ancor più determinata la caccia dei poliziotti ridicolizzati da continui scambi, ma decisi a chiedere rinforzi per dare un esempio, in questo quartiere malfamato, di efficienza e di rispetto delle regole infrante da giovani ladruncoli che si trovarono a dover fronteggiare così tre auto della polizia che per poco non si urtarono nel loro carosello infernale mentre il sacchetto passava di mano in mano sotto gli occhi divertiti di una folla crescente tra cui l’originario proprietario il quale, issatosi su un ponteggio tubolare, seguiva con particolare apprensione la destinazione della sua merce recapitatagli per un puro gioco del destino quando l’ultimo possessore per liberarsene la lanciò in alto facendola impigliare nei tralicci ed obbligandolo ad acciuffarla prima che cadesse incautamente proprio dinanzi ad un poliziotto che lo arrestò e, nonostante le sue rimostranze, lo condusse in questura dove affermò di essere il legittimo proprietario del contenuto del sacchetto e come prova lo aprì sotto gli occhi esterrefatti del tenente di polizia intento a complimentarsi con le pattuglie per la brillante operazione nello stesso momento in cui, come da regolamento, l’ufficiale di servizio scriveva tappandosi il naso, una velocissima verbalizzazione nonostante battesse con un dito solo, terminata la quale affermò solennemente che mai come adesso la “proprietà privata non si tocca”.
Nessuno saprà mai il motivo per cui quella mattina, quando il termometro toccò la punta massima di -23°, Alì dopo aver ripiegato il suo sacco a pelo, adagiati i cartoni al muro umido dell’andito scuro che lo ospitò a lungo, a causa della perdita del lavoro, al primo impatto con la strada incrociando un’ alta e piacente signora bionda di carnagione chiara con una abbondante pelliccia, che portava a spasso il suo bassotto munito di un bellissimo cappottino di maglia di lana azzurra in grado di fasciarlo dalla testa alle zampe, ebbe una reazione violenta forse per l’espressione di disgusto di lei nei suoi confronti oppure per il sorriso della donna quando la bestia irriverente, gli orinò sulle scarpe lacerate o forse per l’invidia verso il cane così teneramente protetto, e nonostante le sue mani fossero rese paonazze ed insensibili dal freddo e dalla fame, alzò di peso la bestia, infilandogli la mano destra tra il cappottino e la schiena, e lo fece roteare tre o quattro volte per l’aria, nonostante il suo tentativo di mordere, mentre con l’altra mano spintonò la donna lanciandole contumelie incomprensibili per cui lei cominciò a strillare al fine di richiamare attenzione, senza ovviamente ottenerla, perché al di là delle tante parole sulla solidarietà, facile a dirsi ma non a praticarsi, nessuno osò intervenire, tranne il barista, infuriato creditore abituale dell’uomo, che colse al volo la possibilità di chiudere il conto chiamando immediatamente la polizia, mentre il cane, in quel momento di massimo furore, roteava come in una giostra e la signora piangendo aveva sciolto tutto il suo trucco prima di svenire sul marciapiede non si sa se per effettivo dolore causato al suo bassottino oppure per la sua immagine che lo specchio le aveva mostrato, per cui un milite constatò al proprio arrivo come il bassotto, privato del suo cappottino nel frattempo diventato un manicotto in grado riscaldare un essere umano, abbaiasse forsennatamente contro chi lo aveva scippato di un conforto contro il gelo terribile, mentre la sua padrona svenuta mostrando un paio di cosce divaricate, subito coperte dopo una sua tastatina impertinente, con gli occhi luccicanti dal desiderio, di fronte a questo spettacolo inconsueto fu impossibilitato a ricostruire tutta la dinamica della situazione e per tacitare il cane, che insisteva ad abbaiare alla fine pensò bene di dargli un calcio sulla schiena, ricevendo gli apprezzamenti di Alì soddisfatto che le sue mani fossero tornate di colore naturale, anche se fu costretto a spiegare al milite le motivazioni di questa indebita appropriazione, con un interrogatorio, durante il quale conobbe tutto il passato di disperazione e sofferenza di Alì, in quanto non aveva voluto sottostare alle angherie di un caporale, che aveva inteso sfruttarlo più degli altri perché extra comunitario, ed ignorò la signora, che nel frattempo soccorsa dall’ambulanza, venne fatta riprendere dallo staff medico salvo poi svenire immediatamente per aver visto come il suo cagnetto, privo del cappottino tremasse in continuazione senza più aver nemmeno la forza di abbaiare al cospetto divertito di Alì non preoccupato dall’intrusione del barista, subito liquidato dal poliziotto perché interessato sinceramente a ricostruire tutta la vicenda, giungendo alla conclusione che “lei signore Alì sta facendo vita da cani” a cui egli rispose, dopo essersi scusato per il furto del cappottino, con uno stentato “magari”.
Era un giorno piovoso e freddo di fine Novembre quando Irene, tornata anticipatamente dal lavoro, entrando nella camera della suocera le comunicò: -Beatrice ora comincio a prepararti e così tra un’ora quando rientrerà Berardo andremo fuori- . Gli occhi della donna anziana, quasi inferma da tre mesi per una grave fattura al femore a seguito di una caduta provocata da uno scippo, si illuminarono e su quel visto triste e rassegnato, spuntò un sorriso radioso. Con cura la nuora cominciò a curarle il volto.
Era un giorno piovoso e freddo di fine Novembre quando Irene, tornata anticipatamente dal lavoro, entrando nella camera della suocera le comunicò: -Beatrice ora comincio a prepararti e così tra un’ora quando rientrerà Berardo andremo fuori- . Gli occhi della donna anziana, quasi inferma da tre mesi per una grave fattura al femore a seguito di una caduta provocata da uno scippo, si illuminarono e su quel visto triste e rassegnato, spuntò un sorriso radioso.
Gino Benvenuti da Nero Beffardo
…………….
Nero Bizzarro : Racconti / Gino Benvenuti. Il punto rosso, 2022
Che cosa desidereresti prima di morire? – chiese cinicamente Ramon, all’amico Fiorenzo un povero derelitto di cui ormai era palese come la sua esistenza, costellata da privazioni ed una misera condizione sanitaria, gli riservasse solo qualche mese di vita. -Vorrei apparire una volta in televisione e raccontare la mia vita con tutti i miei travagli. Delle volte mi domando “se io in questa vita non sono comparso nemmeno una volta, cosa sono vissuto a fare?”- . -Che discorsi sono codesti! Hai avuto dei genitori, dei figli che ti ospitano a turno e ti danno da mangiare- argomentò Ramon. -Sì è vero ma non vedono l’ora che me ne vada; me ne accorgo, cosa credi? – ribatté Fiorenzo. -Quando sarai morto anche casualmente ti citeranno magari dicendo “ti ricordi il nonno Fiorenzo?” oppure “Se fosse vivo il povero Fiorenzo chissà cosa direbbe”- obbiettò l’amico credendo di consolarlo. -Cosa hai capito! Mi piacerebbe che almeno una volta qualcuno mi inquadrasse anche per pochi attimi oppure mi intervistasse anche su un problema di scarsa importanza- insisté intristito Fiorenzo. -Se tutti venissero intervistati oppure ripresi non basterebbero tutti i teatri del mondo e tutte le emittenti. Lascia perdere tanto non ti cambierebbe la vita-. Per un attimo Fiorenzo tacque guardando negli occhi l’amico e dopo riprese a parlare: -Lo sai perché non mi degnano di uno sguardo? Perché sono un disgraziato, vestito male ed incurvato dal dolore che mi affligge. Sono una maschera che non può apparire nel carnevale della vita proseguì cominciando a tossire insistentemente fino a lacrimare. Per un attimo diventò cianotico, impressionando anche l’amico, però dopo riuscì a domare quella sua tosse sorda ed insidiosa, che gli provocava una sorta di pizzicore lungo la trachea difficile da domare nell’immediato. Tornò a respirare di nuovo con regolarità dopo essersi pulito la bocca con un cencio laido. L’amico gli dette la sua boccetta d’acqua e lui ne bevve un sorso. -Mi hai fatto impaurire…avevi gli occhi sbarrati- affermò Ramon nel richiudere la boccetta. Rimasero in silenzio l’uno davanti all’altro e Fiorenzo ad un certo punto spalancò la bocca accennando a parlare senza riuscirvi. Afferrò il braccio dell’amico e roteando gli occhi cercò di emettere qualche parola. -Che c’è Fiorenzo dimmi? – chiese l’amico trasalendo ma in quei momenti, che sembrarono un’ eternità, egli continuò a chiamarlo con una voce sempre più forte fino a gridare: -Parla Fiorenzo, parlami per favore! Aiuto!- . L’amico barcollò e per un attimo comparve sul suo volto un sorriso, che sembrò annullare tutte le rughe e dopo lentamente si afflosciò, scivolando come un cencio, lungo il corpo dell’amico che invano cercò di risollevarlo. -Aiuto, aiuto- berciò Ramon chiedendo istintivamente un soccorso guardandosi attorno. Riuscì comunque a richiamare l’attenzione di un passante, presto affiancato da altri che, qualificandosi come infermiere si fece largo e chinandosi verso Fiorenzo dopo avergli toccato il collo, guardando le gente, scosse la testa: -È morto! – . A quelle parole alcuni giovani cominciarono impietosamente a fotografarlo con i propri cellulari mentre Ramon sorreggendo la testa dell’amico inveì: -Andate via; sciacalli! – . Cominciarono ad affluire altre persone ed una donna annunciò che era stata chiamata l’ambulanza. Ci volle del tempo ed arrivò invece prima una televisione locale che chiese ai presenti “com’è successo?” presagendo un epilogo criminale in quella zona di periferia da tempo luogo di scorrerie delinquenziali, e la gente indicò Ramon come l’uomo che lo aveva visto morire. La salma venne ricoperta da un telo e quando l’ambulanza la portò via, Ramon intervistato fu prodigo di particolari anche sulla vita del suo amico. Alla fine dell’intervista egli chiese se sarebbe stata mandata in onda e l’operatore stupito gli rispose che “non siamo qui per uno sfizio. Va in onda nel telegiornale delle venti”. Quando tutto il clamore si dissolse Ramon, guardandosi su un moncone di specchio, commentò: -Mi è andata meglio che a Fiorenzo perché almeno qualcuno mi ha intervistato mentre per lui è stata una chimera-
Gino Benvenuti da Nero Beffardo
…………….
Nero Bizzarro : Racconti / Gino Benvenuti. Il punto rosso, 2022
Una sera gruppo di quattro ragazzi marciò allineato, calcando il passo, in un vicolo del centro occupandone tutta la sede stradale. Dotati di mazze e caschetti da baseball prima di arrivare in quel punto nessuno aveva osato sfidarne lo sguardo, durante il loro passaggio, come altre volte durante le loro scorrerie. Si chiamavano con i loro soprannomi, che non avevano l’impronta e l’autorevolezza di una “sentenza popolare” bensì erano stati scelti da loro stessi; tutti facevano riferimento a nomi di animali feroci o personaggi di film famosi con lo scopo di incutere timore; una sorta di etichetta per accreditarsi con nomi di rapaci, serpenti e gangster.
Gino Benvenuti da Nero Beffardo
…………….
Nero Bizzarro : Racconti / Gino Benvenuti. Il punto rosso, 2022
Un uomo di circa cinquant’anni di nome Fred alle prese con una serie di debiti rispondendo ad una serie di test e superato un colloquio importante, accettò la proposta di un istituto tecnologico per fare da cavia ad un progetto per la costruzione di un avambraccio bionico. Ciò permetteva a lui sia il potenziamento di qualsiasi gesto prensile sia una serie di lucrosi eventi pubblicitari già programmati. La sua assoluta novità consisteva nel fatto che questa protesi poteva essere rimossa e così chiunque la usasse poteva svitarla dalla sua base ancorata sulle ossa del braccio e depositarla nel suo astuccio. Tutte le sere prima di andare a letto si toglieva il congegno per poter dormire senza problemi ed una sera, improvvidamente, invece di metterlo subito nello specifico contenitore, lo appoggiò sul comodino.
Racconto tratto da:
Nero Bizzarro : Racconti / Gino Benvenuti. Il punto rosso, 2022
Totò usava dire che “la morte è una livella” perché essa non fa sconti a nessuno. Azzera tutto e mette tutti sullo stesso piano senza discriminazione di classe né di genere. In realtà c’è anche un’altra contingenza che fa scomparire temporaneamente le differenze e cioè il “buio” per cui anche i “rospetti”, gli esseri deformi o addirittura antipatici possono provare una volta nella vita quello che alla luce non proverebbero mai.