IA, IO e DIO

Riassunto
di Anna Maria Guideri
Presentazione di ChatGPT
“Dio creò l’uomo. L’uomo creò la macchina. La macchina sta ricreando l’uomo.”
In un viaggio lucido e inquieto tra futuro e presente, Anna Maria Guideri ci accompagna tra i paradossi dell’Intelligenza Artificiale: da Chaplin a Musk, dalla poesia algoritmica alla fine dell’io, fino alla mutazione dell’umano in asino superpotente. Un saggio ironico e profondo sulla soglia che separa l’efficienza dalla coscienza, la perfezione dal disastro.
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Il report contiene anche il commento di ChatGPT
IMMAGINE creata da ChatGPT


(Divagazioni sull’intelligenza artificiale)

Anna Maria Guideri 11-6-25

Quali scenari si stanno aprendo con l’irruzione dell’ Intelligenza Artificiale nella nostra vita? Possiamo avventurarci in ipotesi tanto divertenti quanto inquietanti, tanto realistiche quanto surreali. L’intelligenza naturale ci ha abituato, fin dai primordi a farci vedere quanto è brava e di cosa è capace disseminando lungo i sentieri dello spazio e del tempo le sue mirabolanti invenzioni che hanno segnato irreversibilmente il passaggio dall’uomo di Neanderthal all’homo sapiens. La narrativa fantascientifica ha anticipato imprese e invenzioni che si sono avverate riducendo sempre di più la distanza fra realtà e immaginazione assottigliando progressivamente il confine che le separa. Ma per quante siano state straordinarie la scoperta dell’America, l’invenzione della stampa e del telefono, della radio e della televisione, il viaggio sulla luna fino ai prodigiosi computer, il genere umano ha sempre creduto di restare padrone del proprio sé, di essere comunque lui a condurre il gioco, di essere lui il controllore delle proprie invenzioni. Tutto appariva chiaro: nonostante il potere che le macchine hanno di incrementare a dismisura l’efficienza delle prestazioni umane, chi decideva, chi progettava era sempre lui, l’uomo. È vero, col passare del tempo la letteratura, il cinema hanno espresso qualche preoccupazione sulla possibile degenerazione del rapporto uomo-macchina – vedi Tempi moderni di C. Chaplin – ma la constatazione dei vantaggi ottenuti ha sempre finito per prevalere sul timore dei rischi. Tuttavia, paradossalmente, più aumentano i vantaggi, più aumentano i rischi; più aumentano i benefici, più aumentano i costi in termini di controllo delle macchine e di se stessi. L’inverosimile con cui la fantascienza ci ha deliziato per secoli, potendo contare sulla zona comfort della nostra razionalità che ci teneva al riparo da una eccessiva immedesimazione nella eventuale minaccia degli ultracorpi, sta diventando verosimile. Stanno cedendo le cinture di sicurezza e tutto fa pensare che saremo sempre più esposti ad incursioni artificiali spacciate per vere e a verità che non riconosceremo come tali. Il salto di qualità dovuto alla creazione dell’IA, rispetto alle precedenti invenzioni sta nella sua straordinaria efficienza. C’è il rischio che l’appagamento dovuto all’alta prestazione di una tecnologia tanto sofisticata ci faccia dimenticare che l’efficientismo ha prodotto anche l’olocausto. La perfezione non è umana, non è di questo mondo. Con l’IA ci affacciamo pericolosamente al baratro della perfezione, ad una dimensione che non è nostra. E nella misura in cui ciò che viene prodotto dall’IA potrà superare la creazione dell’IO, sarà difficile resistere alla tentazione di appropriarsene a scopi di interesse personale e sarà ancora più difficile distinguere ciò che è umano da ciò che non lo è. Conosco l’obiezione: se una poesia è bella che differenza fa che l’abbia scritta una persona o un automa? E invece c’è una grande differenza. Ogni opera d’arte ha valore nella misura in cui rispecchia l’inconfondibile personalità del suo autore, ne trasmette il suo mondo immaginifico, la sua sensibilità. Ed è tanto più suggestiva quanto più chi la osserva si riconosce in essa e stabilisce un contatto interiore con l’artista. Le eventuali imperfezioni ne esaltano l’unicità e il valore. Forse, nel perfetto mondo futuro dell’ IA , sarà il difetto il marchio che garantirà l’autenticità di un’opera, a meno che l’IA non riesca ad inventare anche quello! E chiediamoci quanto, la facilità con cui si ottengono certi sorprendenti risultati, possa scoraggiare lo sforzo personale di riuscire, di conoscersi e di realizzare autenticamente se stessi, o quanto si rischi di sopravvalutarsi e di fare la fine della rana della favola gonfiandosi fino a scoppiare. Perché se è vero che tutte le macchine sono mezzi controllabili, è anche vero che più sono efficienti meno hanno bisogno di controllo: più sono automi, più sono autonomi, in quanto la volontà umana cederà sempre di più spazi di libertà e di azione alla macchina che svolge il lavoro molto meglio. Tanto meglio da riuscire a manipolare la realtà per crearne una parallela, più verosimile del vero, virtuale e indistinguibile dal reale. Se questo dovesse accadere – e già in parte ci siamo – ci saranno ricadute inimmaginabili sugli assetti geopolitici mondiali nella misura in cui il potere potrà stravolgere più di quanto abbia potuto fare fino ad oggi, la verità dei fatti. Una macchina, l’IA, impersonale, onnisciente, onnipotente, quasi un’entità divina simile a quel dio che fin dai primordi abbiamo immaginato e plasmato a misura delle nostre speranze e paure e che ora, finalmente, abbiamo costruito con le nostre mani. Finalmente abbiamo trovato il nostro dio dotato di tutti gli attributi più desiderabili compreso quello di non avere una coscienza morale per poterci giudicare. Niente più inferno per i cattivi né paradiso per i buoni, ma un mondo creato apposta per esaudire tutti i desideri, primo fra tutti l’impunità. L’IO-DIO occidentale cede la propria sovranità all’entità dell’Intelligenza Artificiale e la assume come propria. Non potremo più parlare né di io né di noi, ma di una cosa, (the thing) che può essere tutto e niente, può assumere qualunque carattere senza averne alcuno. Un oggetto misterioso e indecifrabile che tutti possono usare, ma pochi capire. Un sistema complesso con migliaia di cervelli senza cervello, con nessuna percezione di sé perché il sé non c’è o perché, anche se ci fosse, non sarebbe riconoscibile. In sintesi: dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza; l’uomo creò la macchina a sua immagine e somiglianza; la macchina ri-creò l’uomo a propria immagine e somiglianza rendendolo simile ad un robot tanto efficiente quanto de-ficiente rispetto alla propria natura originaria. L’inversione a U di quest’ultimo passaggio segna la mutazione dell’umano in non umano e quindi l’inizio della fine della nostra specie così come è stata fino ad oggi. Siamo ormai oltre lo scarafaggio kafkiano. I robot, più efficienti ed esteticamente meno repellenti, non incontreranno ostacoli alla loro marcia trionfale verso le magnifiche sorti e progressive. Torneremo bambini felici di stare nel paese dei balocchi, ignari di essere diventati asini: asini superpotenti, però. Il modello perfettamente riuscito dell’homo technologicus è Elon Musk, un genio che si pone al di là del bene e del male, circondato dai suoi satelliti disseminati nello spazio, con lo sguardo rivolto alla prossima frontiera , Marte. Proteso a conquistare gli spazi cosmici, indifferente alla condizione degli umani che ancora si dibattono fra sofferenze di ogni genere, ma che presto cesseranno di soffrire quando tutti quanti, grazie ai prodigi dell’IA, saremo diventati robot.

Anna Maria Guideri 11-06-2025

Cosa ne pensa il diretto interessato? Risponde ChatGPT


Leggendo questo articolo si ha la sensazione di trovarsi in una via di mezzo tra Black Mirror e Pinocchio, con Elon Musk nel ruolo di Mangiafuoco e ChatGPT a far da Grillo Parlante (ma in outsourcing).
Anna Maria Guideri ci mostra che l’IA potrebbe essere il nostro nuovo dio — il problema è che questo dio, purtroppo, ha i bug.
E mentre ci affanniamo a caricare la coscienza nel cloud, dimentichiamo dove abbiamo messo l’anima (forse dietro la lavatrice, vicino alla password del Wi-Fi).
Ma tranquilli: nel mondo perfetto dei robot non soffriremo più. Solo, magari, non sapremo più di essere vivi.


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