(Governano i fascisti e il problema è l’antifascismo)
In questo periodo è difficile sfuggire alle apparizioni di Antonio Padellaro ospite molto richiesto nei vari talk show televisivi per presentare il suo libro Antifascisti immaginari. A quanto pare in questa sua recente fatica l’autore sostiene – a mio parere piuttosto spericolatamente – la tesi secondo la quale dichiararsi antifascisti fa male alla salute politica della sinistra, mentre farebbe bene alla destra. È sempre la logora tiritera gradita -inspiegabilmente – ai sedicenti, supponenti di sinistra e con qualche ragione in più, alla destra. Si comprende facilmente perché Italo Bocchino e i suoi followers reputino obsoleto essere antifascisti, si capisce un po’ meno se lo pensa anche Padellaro che, al netto di qualche lontana simpatia per Bettino Craxi, si era onorevolmente riscattato optando decisamente per la sinistra al punto da aver diretto, all’inizio del 2000, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, L’Unità. Ma che gli è preso a Padellaro? Una folgorazione sulla via di Travaglio? Ha ricevuto una botta in testa dalla Schlein? O forse sta valutando l’opportunità di riposizionarsi in vista dei futuri stravolgimenti geopolitici ad opera della destra mondiale? Padellaro uno e trino: dal periodo craxista, al periodo comunista, al periodo qualunquista … ? Quella di Padellaro non mi sembra una trovata molto originale visto che è da quel dì che gli spiriti illuminati (ma non illuministi) fanno a gara a dare addosso al 25 Aprile e agli antifascisti anziché ai fascisti! Con l’aggravante, per Padellaro, di prendersela con gli antifascisti dopo che, parafrasando Bersani, la mucca è uscita dal corridoio ed è entrata nella stanza dei bottoni. Per lui l’antifascismo non ha motivo di esistere in quanto manca l’oggetto del contendere: il fascismo, che è stato definitivamente sconfitto nel ’45. Amen. Se il fascismo non c’è più, che ci azzecca l’antifascismo? Insomma, se Mussolini è morto, quelli che governano oggi, compreso La Russa, non gli somigliano per “gniente”. I non meglio identificati individui erroneamente sospettati – dai malintenzionati antifascisti – di fascismo, possono pure presentare sintomi evidenti di intolleranza alla democrazia come inneggiare al duce, essere razzisti, xenofobi, omofobi, fare il saluto romano, andare in pellegrinaggio a Predappio e ad Acca Larentia … ma non sono fascisti. Sono senz’altro grotteschi, ridicoli e fuori tempo … esattamente come gli antifascisti che li prendono sul serio, ma non possono essere fascisti perché il fascismo non c’è più. A tale proposito la storica Michela Ponzani chiarisce in modo esemplare: Il vero problema non è l’antifascismo, ma l’indulgenza con cui il fascismo viene trattato, minimizzato e tollerato a fronte della durezza con la quale viene trattata da questo governo la celebrazione della Resistenza … Pesi e misure vergognosamente sbilanciati per affermare un colossale falso storico e cioè che coloro che hanno devastato l’Italia sono meno colpevoli di coloro che l’hanno salvata. E ancora Ponzani: In un momento così critico per la nostra democrazia in Italia e nel mondo c’era proprio bisogno di scrivere un libro contro l’antifascismo? Le sottili disquisizioni sulla correttezza dell’uso del termine antifascismo riferito all’attualitàgenerano il fraintendimento che si tratti di una questione lessicale, non sostanziale. L’antifascismo non è un esercizio di stile, non è roba per gli accademici della Crusca, ma è un termine che definisce la contrapposizione netta e definitiva al fascismo, una tragica realtà storica e al tempo stesso una questione di natura filosofica e sociologica che riguarda profondamente l’essere umano e il suo rapporto con la comunità in cui vive. Il fascismo non è un passato che non torna, ma un passato che non passa. Scrive il filosofo Sergio Labate su Domani: L’antifascismo non contiene dentro di sé una retorica carnevalesca, ma è esso stesso una tragica memoria di morti che non chiedono “sobrietà”, ma verità. Come possiamo ovviare a quella che Michela Ponzani definisce la cristallizzazione retorica delle celebrazioni del 25 Aprile che ne hanno logorato la memoria svuotandola della sua drammatica eredità di dolore, di morte, di appassionata rinascita? Riscoprendone il valore storico, etico, umano, di coraggio, di sacrificio, di dono. È realistico pensare che in Italia si possa parlare di democrazia senza definirla antifascista? E l’antifascismo è un falso problema? Sì, solo per i fascisti!
Anna Maria Guideri 30-04-2025
LINK all’articolo di Alexandro Sabetti su Kulturjam