La Cina ringrazia il compagno Trump / di Moira Weigel

La presentazione e la sintesi analitica dell’articolo “La Cina ringrazia il compagno Trump” di Moira Weigel (pubblicato su Internazionale, n.1611, p. 43) by ChatGPT

L’articolo, scritto dalla ricercatrice e scrittrice statunitense Moira Weigel, esplora con taglio narrativo e documentato le conseguenze paradossali delle politiche daziali di Donald Trump nei confronti della Cina. Il pezzo parte da un aneddoto linguistico – il soprannome ironico “Chuan Jianguo” (Trump il costruttore della nazione) attribuito a Trump da molti cinesi – per mostrare come i suoi provvedimenti abbiano inavvertitamente favorito l’espansione del commercio elettronico cinese. L’autrice combina osservazione diretta (formazione in centri Amazon e Temu in Cina) con dati economici, interviste e riferimenti a trend globali.


🧭 Sintesi analitica

1. Trump “compagno cinese” involontario
Trump, pur mirando a contenere la Cina con i dazi, è diventato per molti in Cina un “alleato involontario”. Le sue politiche hanno spesso rafforzato le dinamiche economiche e le catene del valore radicate in territorio cinese, anziché indebolirle.

2. L’ecosistema del commercio online e la centralità cinese
Shein, Temu, e in parte Amazon sono alimentati da un’enorme base produttiva e logistica situata in Cina. Più della metà dei venditori Amazon proviene da lì, rendendo la piattaforma tanto cinese quanto americana.

3. I dazi: un’arma spuntata
I dazi imposti da Trump non hanno riportato la manifattura negli USA, ma hanno aumentato i prezzi per i consumatori e incentivato i venditori cinesi a innovare o eludere i controlli, spesso tramite triangolazioni o società di comodo. Goldman Sachs stima che siano stati aggirati dazi per 110-130 miliardi di dollari solo nel primo mandato Trump.

4. Espansione globale cinese e incentivo all’innovazione
Le barriere commerciali hanno spinto le imprese cinesi a globalizzarsi (chuhai), rivolgendosi a mercati emergenti (Africa, Asia sudorientale, America Latina). Gli ostacoli hanno favorito anche un’accelerazione nell’uso di intelligenza artificiale, logistica internazionale e piattaforme alternative come Temu.

5. Il paradosso di Amazon
Amazon, sebbene americana, dipende da venditori cinesi, e ha rappresentato uno strumento di globalizzazione “a basso costo” per questi ultimi. Le sue sospensioni di massa nel 2021 hanno spinto verso una migrazione verso nuove piattaforme, come Temu, oggi tra le app più scaricate negli USA.

6. Conclusione simbolica
Il culto sarcastico e simbolo di Trump tra i venditori di Shenzhen (con statuette e soprannomi ironici) riflette un’ambivalenza pragmatica: disapprovazione per i dazi, ma riconoscimento del loro effetto stimolante sulla proiezione globale della Cina.

Stars, stripes e uova rotte: il PIL di Fratel Coniglietto

FONTE Sergio Talamo Il Riformista 23-4-25
TITOLO redazionale

Gli Stati Uniti si sono traditi da soli. E il capitalismo ferito inizia a presentare il conto a Trump

Storia di Sergio Talamo

I sentimenti spesso tradiscono. Era la “nostra” America. Idealizzata e anche molto hollywoodiana. Nuova frontiera e soprattutto libertà civili, culto del dissenso, la Costituzione come testo sacro. Perciò abbiamo tutti preso un abbaglio. Pensavamo: gli USA sono stati il faro della democrazia e dei diritti pubblici, e quindi oggi con Donald Trump ci stanno tradendo. Invece erano sempre stati il faro del capitalismo e degli interessi privati. E quindi stavano tradendo sé stessi. E oggi a Trump il capitalismo ferito inizia a presentare il conto. Nulla sarà più come prima.

Lanciare un liberation day e farlo seguire da una retromarcia così plateale lo rende da subito un’anatra zoppa. Anche qui, non per questioni di principio. Non per il flop sulle guerre da chiudere in pochi giorni, che continuano più cruente di prima. E neppure per le accuse di aver fatto i suoi interessi, invitando a “comprare” poche ore prima di annunciare la moratoria sui dazi, con il risultato di guadagni astronomici per le sue aziende. Nel selvaggio clima attuale, la sua colpa imperdonabile sono i guadagni che ha impedito agli altri: ai big delle tecnologie e della finanza, ed anche al 60 per cento dei cittadini americani che investono in Borsa.

Un presidente reo di attentato al portafoglio, in America ha le armi spuntate. Ed anche nel resto del pianeta per lui non si mette benissimo. Se pensa che il perno della sua riscossa possa diventare l’Asia, già deve incassare le prime risposte. Anch’esse, non molto ideologiche. La Cina ricorda di detenere oltre 800 miliardi di dollari dei titoli di Stato americani, e se solo decidesse di vendere porterebbe alle stelle i tassi di interesse di Washington. E fra i giganti del web, non è solo Apple a tremare: senza la filiera asiatica, il boom dei prezzi e il successivo crollo sarebbero difficilmente evitabili. La nuova amministrazione americana ha promesso ritorno alla grandezza e all’identità, ma finora ha agito come se venisse da Marte. Trump ha ignorato il mercato globale in un paese dove l’idea di libertà civile è solo una conseguenza della libertà di impresa, dove il progetto collettivo è la copertura etica del diritto di arricchirsi come missione quasi spirituale. Persino noi ex ragazzi, cresciuti con Kennedy sotto il cuscino, lo sapevamo bene che il sogno americano era soprattutto il self made man, cioè la possibilità di toccare il cielo anche se parti da zero. La degenerazione seguita alla “fine della Storia”, come Fukuyama definì la caduta del Muro, aveva prodotto un premio sempre crescente all’arroganza, la menzogna, l’abilità nel piegare le regole.

Oggi il lato oscuro del modernismo mostra la corda. Saranno i ricchi e i ricchissimi a tutelare il diritto dei poveri a sognare il futuro? Ancora non si può dire. Di certo, il grande bluff è stato scoperto. L’America a metà del fiume si accorge che il correre per afferrare l’impossibile resta l’american way. Il gioco d’azzardo, invece, è la via per sfracellarsi.

Grande è la confusione, sotto il cielo di Wall Street

FONTE Facebook Alessandro Volpi 23-4-25

Per provare a fare chiarezza rispetto ad un luogo comune troppo semplicistico. Il segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Scott Bessent, ha sostenuto l’opportunità di attenuare le tensioni commerciali con la Cina. Mi sembra inevitabile che l’amministrazione Trump riveda le ipotesi di una “guerra dei dazi” con l’ex impero celeste. C’è un dato che più di ogni altro sconsiglia, infatti, Trump di perseguire tale strada. Il debito federale degli Stati Uniti è cresciuto dal 2020 al 2024 di 2300 miliardi di dollari ogni anno: una volume di titoli enorme che ha bisogno di compratori per non svalutarsi e per non pagare interessi stellari, il cui ammontare è già pari a circa 1000 miliardi di dollari e con il recentissimo rialzo dei rendimenti conoscerà un ulteriore aumento non distante dai 500 miliardi di dollari. Dunque, per non fallire gli Stati Uniti hanno bisogno della fiducia dei risparmiatori mondiali che viene veicolata dai grandi fondi e dalle grandi banche, di cui i fondi sono azionisti di riferimento. Tale fiducia non può reggere ad uno scontro frontale tra Stati Uniti e Cina perché la tenuta del dollaro, la moneta in cui è denominato il debito Usa, dipende dal suo utilizzo da parte della stessa Cina nei propri scambi mondiali. In questo senso, la perdita di valore del debito americano e la sua maggiore onerosità per il Tesoro degli Stati Uniti non dipendono certo dalla vendita di tale debito da parte della Cina, che ormai ha meno di 750 miliardi di dollari di debito Usa su un totale di quasi 37 mila miliardi, ma dalla forza che la Cina ha assunto negli scambi internazionali. La potenza economica cinese a livello globale è così rilevante che un suo eventuale conflitto commerciale con gli Stati Uniti spaventa a tal punto la grande finanza da indurla a vendere il debito americano per la paura di un suo crollo generato proprio da un simile scontro. Se poi si riducessero anche le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti per effetto dei dazi, la dollarizzazione sarebbe ulteriormente messa a repentaglio e il debito Usa accelererebbe il proprio declino. A ciò bisogna aggiungere che le più generali tensioni finanziarie indotte da una guerra dei dazi fra Cina e Usa stanno determinando il crollo di numerosi titoli considerati sicuri come quelli delle big tech e stanno obbligando i possessori di tali titoli a vendere titoli di Stato Usa per coprire le perdite. In estrema sintesi, la svalutazione del debito Usa non dipende dalla sua vendita da parte dei cinesi ma da una ben più generale dipendenza dell’intera economia degli Stati Uniti dalla Cina

Dalla Dottrina Monroe alla Dottrina Donroe

Un breve racconto sulla coerenza imperiale americana con un valido aiuto di ChatGPT
Gian Luigi Betti

Democrazia, dazi e destino manifesto nella narrazione imperiale degli Stati Uniti

Le origini: Monroe e il destino manifesto
La narrazione ideologica americana affonda le sue radici nel XIX secolo, con la Dottrina Monroe (1823). Presentata come una strategia difensiva contro l’intervento europeo nelle Americhe, di fatto affermava il continente come zona d’influenza esclusiva degli Stati Uniti.
“America to the Americans” è l’espressione che abbiamo studiato sui libri del liceo. Era l’inizio di un’ideologia imperiale ancora mascherata da principio di autodeterminazione.

Qualche decennio dopo, l’“eccezionalismo americano” si fece esplicitamente espansionista: con il concetto di “Manifest Destiny”, gli Stati Uniti si arrogavano il diritto – e il dovere – di estendersi “dal mare al mare” portando civiltà, progresso e libertà. La missione storica del popolo americano prende forma: un’identità fondata non su una cultura, ma su un compito da realizzare nel mondo.

La Guerra Fredda: il mito si globalizza
Dopo il 1945, questa narrazione si internazionalizza. Il nemico non è più l’Europa monarchica, ma l’Unione Sovietica e il comunismo. La Guerra Fredda trasforma il confronto tra modelli economici e sociali in una battaglia globale tra bene e male. Ronald Reagan usa il termine Evil Empire, Impero del male nei confronti dell’Unione Sovietica. La democrazia liberale e il libero mercato diventano strumenti di salvezza planetaria, mentre qualsiasi alternativa è vista come una minaccia all’ordine naturale delle cose.

Gli Stati Uniti si presentano come garanti della libertà mondiale: le guerre in Corea, Vietnam, Afghanistan, gli interventi in America Latina e Medio Oriente, sono giustificati da una narrazione moralistica che maschera interessi geopolitici, risorse e controllo degli alleati.

Dopo il 1989: il trionfo e le crepe
Con il crollo dell’URSS, la narrazione sembra trionfare. Fukuyama parla di “fine della storia” e del definitivo trionfo del modello occidentale. La globalizzazione si impone come dogma, e il mercato come regolatore universale dei destini umani. La democrazia diventa “esportabile” e il mondo, un campo aperto all’integrazione neoliberista.

Ma questo racconto si incrina presto. Le crisi economiche, l’11 settembre, le guerre infinite e l’instabilità prodotta dagli stessi “interventi democratici” rivelano l’altra faccia dell’ideologia americana: quella imperiale, non universale, dove l’eccezionalismo diventa arbitrio.

Il XXI secolo: dazi, dati e dominio
Nel nuovo secolo, la minaccia non è più solo militare. È tecnologica, digitale, monetaria. La competizione si sposta su 5G, AI, supply chain, valute digitali. E il nemico, oggi, ha un volto diverso: la Cina. Il conflitto si riaccende, ma le categorie si ribaltano.

La Cina comunista difende il libero mercato globale, mentre gli Stati Uniti protezionisti impongono dazi e sanzioni, erigendo muri digitali e finanziari. Una dinamica che il presidente Trump ha reso evidente nel modo più diretto: il ritorno al sovranismo economico come forma di guerra commerciale globale e l’uso di espressioni dal forte richiamo ideologico come “Make America Great Again” (MAGA). Lui stesso ha definito questa visione “Dottrina Donroe”, parafrasando Monroe in chiave ultra-nazionalista.

Conclusione: l’impero della coerenza variabile
Oggi come ieri, la narrazione americana continua a mutare linguaggio, ma non funzione. Si presenta come visione morale del mondo, ma agisce come ideologia di potenza. La Dottrina Donroe ne è il simbolo attuale: un ritorno al protezionismo, all’unilateralismo e all’interesse nazionale, mascherati da lotta per la libertà e la giustizia globale.

In questo scenario paradossale, i socialisti sono liberisti, e i liberisti diventano statalisti. La retorica del libero mercato si applica solo quando giova all’egemone. La coerenza ideologica lascia il posto alla geometria variabile della potenza. Perché, alla fine, ciò che conta non è esportare libertà, ma conservare il primato.


A cura di Gian Luigi Betti & C.
Appunti sull’ideologia come strumento geopolitico. Quando il potere si racconta, conviene ascoltare bene cosa dice — e cosa nasconde

25 Aprile

Le mille Memorie della Resistenza. A Firenze la storia diventa un museo “diffuso” Fulvia Alidori
DOMANI 18 aprile 2025 • 18:53

Un progetto innovativo che porta nelle biblioteche fiorentine il racconto di 33 biografie: partigiane e partigiani, internati militari, ebrei, operai deportati per gli scioperi del marzo 1944, vittime civili dei bombardamenti e di esecuzioni sommarie. Non è un caso se ne parliamo a pochi giorni dal 25 Aprile

LINK all’iniziativa delle biblioteche fiorentine

Chi ascolta una storia ne diventa testimone. Oggi siamo oltre l’ultimo testimone, e allora come tramandare la storia della Resistenza? David Lankes, autore di Biblioteche innovative in un mondo che cambia. Una sfida di fronte alla complessità attuale, sostiene che la biblioteca è fondata non sulle collezioni, ma sulle relazioni, e che il benessere di una comunità è prodotto dal facilitare queste dinamiche. La conoscenza avviene attraverso le relazioni, elementi di benessere sociale e, dove esse mancano, finisce per mancare il benessere stesso. Le biblioteche sono luoghi aperti a tutti, senza alcuna distinzione di sorta, abbracciano classi e ceti diversi. Chi entra in biblioteca non è giudicato, è in un luogo che annulla le differenze ma che è pure in grado di colmarle in un’atmosfera di accoglienza.

Il progetto del Comune di Firenze e delle Biblioteche comunali fiorentine risponde individuando il sistema bibliotecario come chiave d’accesso alla conoscenza di quei giorni e portando la storia laddove ci sono le persone, in particolare i più giovani, loro abituali e assidui frequentatori. Il progetto porta la storia alle persone con il sito, www.memoriediresistenza.comune.fi.it, e nelle undici biblioteche con i totem digitali, su cui i contenuti del sito girano, e uno spazio dedicato alla Resistenza fiorentina.

Prospettive nuove
Ecco il perché della scelta delle biblioteche come luogo delle Memorie: uno spazio dove tutti possono sentirsi a loro agio anche nel non conoscere la storia e al contempo possono, se vogliono, trovare strumenti amichevoli per informarsi. Un Museo della Resistenza è visitato, in larga parte, da chi è già interessato all’argomento; Memorie vuole intercettare soprattutto le persone che non sono interessate all’argomento oppure non sanno ancora di esserlo e ribalta la prospettiva, perché non c’è un luogo fisico di Resistenza dove recarsi, ma tutti i luoghi lo possono essere e sono quelli che circondano le biblioteche. È un progetto museografico senza un museo-edificio.

L’anima delle Memorie è quella d’individuare vite poco note e offrire un racconto prossimo alle persone, una prossimità della Storia. Non è commemorazione, né celebrazione, è però, di sicuro, un’idea che muove l’azione del ricordo, il cui etimo latino è cordis, cuore, perché si credeva che il cuore fosse la sede della memoria, richiama un sentimento. Ci ricordiamo col cuore, l’empatia è parte dello studio della Storia.

Il progetto è un viaggio nell’umanità di 33 biografie: partigiane e partigiani, internati militari, ebrei, operai deportati per gli scioperi del marzo 1944, vittime civili dei bombardamenti e di esecuzioni sommarie, torturati, renitenti alla leva. Andare alla ricerca della semplicità non è stato un processo di semplificazione, ma esattamente il suo contrario, è stato rendere accogliente e comprensibile la complessità di quei giorni. La storia con la S maiuscola non può occuparsi delle piccole storie, la microstoria invece lo rende possibile, perché consente di mettere a fuoco le dinamiche tra gli esseri umani nell’ambito di eventi epocali. Chi tenta di fare public history, come me, a differenza di uno storico, assume “solo” un’altra postura nei confronti di chi ascolta, avviando non un monologo, ma un dialogo, in cui il narratore e l’ascoltatore, soggetto attivo, contribuiscono insieme a costruire una memoria delle persone e dei luoghi.

Le Memorie sono un tentativo di public history per ampliare la platea d’interesse attorno alla storia e sviluppare un profondo senso d’appartenenza al vissuto della propria città. Se riflettiamo, ci accorgiamo che siamo analfabeti alla biografia degli spazi che viviamo, per questo, spesso, né li difendiamo né li curiamo abbastanza. Il processo generato dalle Memorie è utile alla riscoperta degli spazi e alla loro risignificazione in termini di recupero urbano.

Le testimonianze
Il progetto è stato possibile grazie alla generosa partecipazione delle famiglie delle 33 persone raccontate. Se il testimoniare è la manifestazione di una prova, Memorie ne ha svelate molte, scovando e tutelando, perché li ha resi pubblici, documenti e fotografie, che, forse, sarebbero andati perduti. In ogni storia c’è il racconto biografico attraverso il privato, la Resistenza e il Dopoguerra, la bibliografia e la sitografia, i documenti, le fotografie, due tracce audio con parti di libri o documenti, letti da attori professionisti, e la video testimonianza di un parente o di uno storico.

Chi naviga il sito è accompagnato da 11 parole guida, che ci introducono ai temi e alle tante sfumature di quei giorni: 33 storie, 34 video, 66 tracce audio, una mappa digitale e continui rimandi da una storia all’altra. Un racconto pubblico dove collettivo e individuale si saldano in un mosaico in perenne costruzione, perché la collezione è sempre aperta. Le “piccole” storie permettono di cogliere il senso della Storia, fissando gli eventi come un’istantanea, aprendo finestre di sapere in particolare ai più giovani, dimostrando, infine, che la generazione dei bisnonni e delle bisnonne fu capace di fare gesti esemplari nel modo più semplice, erano persone normali, non eroi irraggiungibili.

I nipoti di oggi non hanno più la possibilità di ascoltare un racconto diretto, è così necessario fornirli di strumenti che li avvicinino alla storia, anche a quella della propria famiglia.

Non ci tramandiamo solo i tratti somatici, ma anche le attitudini e i talenti! È utile mettersi nei panni dei giovani di allora per capire se ci sono delle connessioni con l’oggi. Memorie è un patto tra generazioni che avvisa di segnali di contesti che potrebbero riprodursi, è uno strumento di orientamento per acquisire uno spirito critico sull’attualità.

Nelle scuole
Memorie di Resistenza fiorentina è presente nelle scuole di Firenze, è uno strumento didattico che fornisce un modello di biografia replicabile e a portata di mano e spunti utili per navigare nei fatti storici. Gli studenti, liberi di scegliere forma e medium a loro più congeniali, hanno ricercato le storie dei loro bisnonni e delle loro bisnonne sul modello delle Memorie. Alla fine dell’anno scolastico avremo lavorato con oltre 400 studenti delle secondarie di primo e di secondo grado, e i loro lavori comporranno la sezione didattica del sito.

Memorie di Resistenza fiorentina s’inserisce in un quadro significativo del rapporto tra public history e storia, dove la prima è la chiave per consentire a ognuno di noi, a prescindere dalla condizione iniziale del sapere, di approcciarsi in modo sempre più approfondito alla Storia, senza timore di non essere ritenuto all’altezza.

La storia si fa empatica attraverso la divulgazione e le Memorie di Resistenza fiorentina traducono il concetto grazie all’agilità dello strumento digitale, alle biblioteche comunali, alle famiglie e infine alle allieve e agli allievi, il vero e proprio valore aggiunto.

Fulvia Alidori

Un Risiko geostrategico economico: Larry Fink dixit

FONTE Facebook Elena Tempestini 5-4-25

Un Risiko geostrategico economico nel quale il colosso BlackRock deciderà se il mondo deve vivere con o senza il dollaro. Questo il contenuto nella lettera del CEO di Black Rock, Larry Fink, agli investitori.
L’amministratore delegato del più grande gestore di risparmio al mondo, con quasi 12mila miliardi di dollari di attivi, in Italia gestisce oltre 100 miliardi di euro, detiene il 7% di Unicredit e il 5% di Intesa Sanpaolo, il 4% di Mediobanca, controlla quote in Mediaset, Stellantis, Moncler, è il principale azionista privato in Enel, Eni, poste, Snam e dall’autunno scorso ha aumentato la sua presenza in Leonardo. Fink prevede una possibile “dedollarizzazione” dell’economia globale legata alle attuali condizioni statunitensi, a partire dall’enorme debito federale. Ventilando anche l’ipotesi che una valuta digitale privata possa diventare il nuovo strumento di riserva, come ETF legati al Bitcoin. Perché lo ha fatto, quali effetti ha su Trump, Vance, Thiel, Musk, che non sono “ amati”? e che cosa c’entra il piano di riarmo europeo.
L’Europa diventa protagonista con la strada militarista voluta da Berlino, benedetta da Draghi e avviata da Bruxelles. Ma ReArm Europe e Readiness 2030 sono manna per i fondi americani, i quali vedono la possibilità di una nuova bolla finanziaria, migliore rispetto a quella tech: il Riarmo. Praticamente: soldi pubblici trasformati in armi, missili, carri armati = che diventano dividendi.
Quindi mentre l’Europa si indebita per armarsi, gli Stati Uniti potrebbero perdere il primato della valuta dando la possibilità ai colossi finanziari di fare incetta di dividendi. Un Risiko geostrategico economico che non lo decide chi siede alla Casa Bianca e nemmeno alla Bce. Ma chi ha scritto la lettera ai suoi investitori, muove la maggior parte dei miliardi mondiali e si può permettere di decidere se il dollaro possa ancora valere come carta su cui è stampato.
La Black Rock avrebbe dovuto siglare la compravendita delle attività portuali del Canale di Panama il 2 aprile insieme all’italiana MSC. Ma la Cina è riuscita a bloccare l’acquisizione: un’avanzata ostile, mascherata da iniziativa finanziaria? Chi detiene le attività portuali detiene non solo un grande potere economico, ma una leva strategica globale.

Economia & Finanza Verde
Elisabetta Failla
ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

ELOGIO DELLA MANCANZA …

di Anna Maria Guideri
IMMAGINE creata da ChatGpt dopo l’analisi del testo.
In fondo al testo di Anna Maria il dialogo con ChatGPT

(per una infelicità intelligente …)

Forse non abbiamo mai attraversato un tempo altrettanto materialista come quello attuale: pieno di tutto, di troppo, di niente. Vuoto perché troppo pieno di cose superflue, perché privo dell’essenziale. Il problema non consiste tanto nell’enorme quantità di beni di consumo prodotti, quanto piuttosto nella loro immanenza che toglie spazio e respiro al pensiero, alla coscienza, alla capacità empatica dell’umano. Siamo ossessionati dalla mancanza percepita, ma non reale, di oggetti in gran parte inutili che esercitano un’ attrazione fatale indotta dai mercati, e non avvertiamo il vuoto prodotto dall’invasione di ultracorpi che hanno occupato i nostri spazi interiori, soffocandoli. Paradossalmente è un vuoto prodotto da un eccesso di pieno che altera il nostro rapporto con la realtà privandolo del disagio provvidenziale dovuto al senso della mancanza di qualcosa di cui abbiamo veramente bisogno: non avvertiamo più la mancanza della mancanza. Oltre un certo limite si produce un effetto anestetico che ci proietta in una dimensione fittizia dove il pieno privo di contenuto e di valore sembra esaudire i nostri desideri e i nostri bisogni vitali. Si rischia di fare la fine dei polli d’allevamento destinati a beccare all’infinito senza fermarsi mai. Per risalire la china di questo, in parte inconsapevole e inarrestabile declino, credo si debba recuperare l’inquietudine esistenziale che la mancanza di senso, più o meno percepita, produce negli esseri umani. Occorre accorgersi che siamo infelici, nonostante i mille vantaggi che lo straordinario progresso tecnologico ci procura. Una volta tanto sarebbe bene svegliarsi al mattino con un vago sentore di estraneità, con un bisogno di domande non scontate, di risposte diverse dal solito che ci aiutino a dare un senso non banale al nostro stare al mondo e alla parte che in esso vogliamo rappresentare, oltre a quella assegnataci da un sistema preconfezionato che sta facendo acqua da tutte le parti. Sì, ci vorrebbe un po’ di consapevole infelicità per passare dall’ inconscia saturazione ad una sana insoddisfazione che ci spinga a reagire, a ritrovare dentro di noi uno spazio libero, creativo, vivo; pensieri e parole non artificiali, ma umane. L’infelicità può essere intelligente solo se la avvertiamo e se la usiamo come un’ opportunità creativa. Se serve a rimuovere la massa amorfa che opacizza le nostre facoltà percettive e a farci capire, davvero, che i genocidi, le ingiustizie, le disuguaglianze, la violazione dei diritti umani e civili, i deliri di onnipotenza di chi governa il mondo, i naufragi infiniti dei migranti, le morti sul lavoro … non sono telefilm, ma tragedie vere. Tragedie che l’enorme quantità di beni materiali di cui il mondo sviluppato dispone, non può né compensare, né attutire. Ce n’è abbastanza, credo, per risvegliarsi dal sonno della ragione e recuperare il senno perduto. Ben venga un’infelicità consapevole e creativa dovuta agli orrori del mondo e alla sua indifferenza.

Anna Maria Guideri 17-4-25

La mia richiesta a ChatGPT

ciao, devo pubblicare questo articolo. Saresti in grado di produrre un disegno che ne colga lo spirito?
ELOGIO DELLA MANCANZA …
(per una infelicità intelligente …)

La risposta di ChatGPT

Sì, assolutamente. Per accompagnare il tuo articolo “Elogio della mancanza (per una infelicità intelligente)”, posso realizzare un’immagine evocativa che ne colga a fondo lo spirito. Ecco una proposta visiva:

Descrizione dell’immagine da generare:

Una figura umana stilizzata, seduta in mezzo a una stanza stracolma di oggetti: televisori, scatole, schermi, pacchi, luci, pubblicità. Ma la figura guarda verso una piccola finestra, da cui entra una luce pallida. Fuori si intravede uno spazio vuoto e calmo: un albero spoglio, un cielo grigio ma limpido, e un uccello che vola via. Sul volto della figura, un’espressione assorta, malinconica, ma viva. Tutto attorno è pieno, ma l’unico punto che respira è quel piccolo spazio vuoto oltre la finestra.

Tono dell’illustrazione: minimalista, espressivo, con contrasto visivo tra caos e vuoto, per comunicare l’idea di un pieno che soffoca e un vuoto che libera.

Procedo a generarla. Un attimo.

Quel putiniano di Tucidide. La Guerra del Peloponneso e noi

SINTESI
Un articolo ironico e provocatorio di Emanuele Maggio, “Quel putiniano di Tucidide. La Guerra del Peloponneso e noi”
scritto per La Fionda e pubblicato su Sinistrainrete
IMMAGINE di ChatGPT

di Emanuele Maggio

Un articolo rigoroso nell’analisi e scritto in chiave ironica. Da leggere per intero (non è lungo).

Leggi l’articolo su Sinistrainrete

📰 Sunto dell’articolo

Emanuele Maggio rilegge in chiave geopolitica e ironica la Guerra del Peloponneso di Tucidide, paragonando i protagonisti del mondo antico (Atene e Sparta) alle superpotenze attuali (Stati Uniti e Russia).

  • Atene = Stati Uniti: democratica, ricca, mercantile, imperialista, e promotrice (a parole) della libertà. La sua Lega Delio-Attica è paragonata alla NATO, un’alleanza espansiva e ideologica.
  • Sparta = Russia: oligarchica, disciplinata, statalista, potenza terrestre e conservatrice. Si presenta come difensore dell’autonomia contro l’imperialismo ateniese (americano).

Tucidide, lontano da ogni propaganda, vede la vera causa della guerra non nell’attacco spartano, ma nell’espansionismo ateniese. Allo stesso modo, Maggio suggerisce che l’espansione NATO e le sanzioni economiche (come il “decreto megarese” ateniese) abbiano provocato la Russia.

  • L’UE è dipinta come Anfizionia di Delfi: organismo simbolico, privo di reale autonomia, succube della pressione ateniese/statunitense.
  • Come Sparta si alleò con Persia e Macedonia per battere Atene, la Russia si avvicina alla Cina, che qui rappresenta la Persia: una potenza orientale determinante nel conflitto globale.

⚔️ Morale storica

Come la Guerra del Peloponneso segnò l’autodistruzione della Grecia, uno scontro globale tra NATO e Russia (col coinvolgimento della Cina) rischia di condurre all’autodistruzione dell’Occidente.

🧠 Spunti finali

  • Gli USA, pur divisi tra Trump e il “deep state”, agiscono da decenni con coerenza strategica: isolare e dividere Russia, Europa e Cina.
  • Si profila una spartizione elitaria delle risorse e del potere, mentre i veri sconfitti sono i popoli europei e ucraini.
  • Dietro lo scontro ideologico, si cela un equilibrio geopolitico precario, dove tatticismi imperiali rischiano di compromettere la stabilità globale.

La nuova bolla finanziaria del riarmo

SINTESI
La nuova bolla finanziaria del riarmo
di Alessandro Volpi
Pubblicato su Sinistrainrete

Occhiello

Volpi analizza come il riarmo europeo, sotto l’egida della Commissione von der Leyen, stia creando una gigantesca bolla speculativa nel settore delle armi, con gravi implicazioni per il welfare e il tessuto sociale, promuovendo una economia di guerra che mina la convivenza collettiva.
Leggi l’articolo su Sinistrainrete

Sintesi schematica

  1. Mercato delle armi
    • Aumento dei titoli azionari delle aziende produttrici di armi, con performance record di varie imprese europee.
    • Investimenti massicci da grandi fondi (BlackRock, Vanguard, etc.) e banche, generando una bolla speculativa nell’industria bellica.
  2. Ruolo della BCE e politiche monetarie
    • La Banca Centrale Europea sostiene il riarmo, riducendo i tassi di interesse e incentivando l’acquisto di titoli di aziende belliche.
    • Queste misure si traducono in un’assenza di mobilitazione simile per altre esigenze sociali come la sanità e l’istruzione.
  3. Mobilizzazione dei risparmi
    • La Commissione Europea propone di “mobilitare” i risparmi dei cittadini europei per finanziare armamenti, creando strumenti di investimento accessibili.
    • Rischio di una “monocultura” armata, riducendo i fondi disponibili per altri settori e servizi pubblici.
  4. Strumenti finanziari e speculazione
    • Crescita degli ETF (Exchange-Traded Funds) legati all’industria delle armi, che permettono ai fondi di garantire una facile entrata di capitali dalle masse.
    • La complessità del settore finanziario rende difficile tracciare il destino dei risparmi, creando rischi per investitori comuni.
  5. Tensioni politiche e debito
    • Dilemmi sul finanziamento del riarmo tra approcci di debito comune europeo rispetto a debiti nazionali, evidenziando divergenze tra vari leader politici.
    • Il ruolo degli Stati Uniti come principali fornitori di armamenti per l’Europa, portando a un rilancio delle tensioni geopolitiche.
  6. Conclusione
    • Il riarmo europeo, sebbene giustificato come risposta alle minacce esterne, rappresenta un’opportunità di speculazione finanziaria che rischia di erodere il tessuto sociale e il welfare europeo.
    • Apprensione riguardo alla direzione presa dall’Europa, con una chiara preferenza per gli investimenti militari a scapito di altre necessità sociali.

La guerra e gli affari

SINTESI DI
«Precisi interessi materiali spingono i leader europei a perpetuare il conflitto in Ucraina»
Maria Pappini intervista Thomas Fazi
da KRISIS pubblicato su Sinistrainrete

«Precisi interessi materiali spingono i leader europei a perpetuare il conflitto in Ucraina»
Maria Pappini intervista Thomas Fazi

L’intervista analizza le ragioni del prolungamento della guerra in Ucraina e il ruolo delle élite europee.

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Presentazione

L’intervista a Thomas Fazi, saggista italo-inglese, offre una critica approfondita e provocatoria della gestione europea del conflitto in Ucraina. Fazi smonta la narrazione ufficiale e denuncia come interessi economici, politici e ideologici spingano le élite europee a perpetuare la guerra, nonostante i gravi danni sociali ed economici che essa comporta per l’Europa stessa. Viene evidenziato il legame strutturale tra il grande capitale europeo e statunitense, in particolare con fondi di investimento come BlackRock, che traggono vantaggio dal riarmo e dalla militarizzazione del continente. L’analista sottolinea inoltre il rischio di una deriva autoritaria e di un’escalation militare pericolosa, proponendo come unica via d’uscita una nuova architettura di sicurezza europea inclusiva della Russia.

Sintesi schematica

  • Interesse europeo per la fine della guerra
    • La conclusione del conflitto sarebbe vantaggiosa per l’Europa dal punto di vista economico, sociale e strategico.
    • Le sanzioni alla Russia sono considerate “autosanzioni” perché danneggiano maggiormente l’economia europea.
    • La guerra ha causato inflazione, aumento dei costi energetici e crisi sociale in Europa.
  • Contraddizione della politica europea
    • L’Europa ha scelto il riarmo e l’escalation militare, finanziati a debito, nonostante i costi economici e sociali.
    • La militarizzazione diventerà un paradigma dominante in tutti gli ambiti della società europea.
    • La strategia europea ostacola attivamente i tentativi di pace, in accordo con Zelensky, rifiutando compromessi territoriali.
  • Cause del prolungamento del conflitto
    • Le élite europee sono legate ideologicamente e materialmente agli Stati Uniti, vedendosi come vassalli transatlantici.
    • Politicamente, le élite non possono ammettere errori senza perdere consenso.
    • Il complesso militare-industriale europeo e americano trae enormi profitti dal conflitto e dal riarmo.
    • I grandi fondi di investimento (BlackRock, Vanguard, State Street) hanno un ruolo chiave nel sostenere il riarmo e influenzano le politiche europee.
  • Conseguenze sociali ed economiche
    • Crescita delle azioni delle aziende della difesa.
    • Trasferimento di ricchezza verso il complesso militare-industriale.
    • Nuova fase di austerità con tagli a welfare, istruzione, sanità e pensioni.
  • Minaccia russa e narrazione ufficiale
    • La Russia è presentata come una minaccia inesistente e costruita a fini propagandistici.
    • Scenari di invasione russa dell’Europa sono definiti fantascientifici.
    • Il rischio reale è una possibile escalation nucleare, che renderebbe inutile qualsiasi difesa.
  • Proposta di Fazi
    • Riavviare i rapporti diplomatici con la Russia, ispirandosi al processo di Helsinki.
    • Creare una nuova architettura di sicurezza europea inclusiva della Russia.
    • Dissolvere la NATO, considerata ormai priva di ragion d’essere.
    • Evitare la corsa agli armamenti autolesionista e puntare alla stabilità e alla pace.

Questa intervista offre una visione critica e alternativa rispetto alla narrazione dominante, mettendo in luce come interessi materiali profondi e dinamiche politiche ed economiche stiano determinando il prolungamento di un conflitto che danneggia gravemente l’Europa e il suo futuro

Punti principali

I punti principali trattati nell’articolo riguardano i trattati istitutivi dell’Unione Europea e le loro caratteristiche fondamentali:

Definizione e natura dei trattati: I trattati internazionali sono accordi vincolanti tra Stati membri che definiscono obiettivi, regole di funzionamento delle istituzioni europee e principi fondamentali dell’UE

Scopi principali dei trattati UE: Preparare la creazione di un’unione monetaria europea, gettare le basi per un’unione politica, promuovere la pace, i valori democratici, la coesione economica e sociale, e garantire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne

Principali innovazioni istituzionali: Introduzione della procedura di codecisione che rafforza il Parlamento europeo, nuove forme di cooperazione tra governi in difesa, giustizia e affari interni, e un processo decisionale più trasparente e vicino ai cittadini

Valori fondanti dell’Unione: Rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto, diritti umani, tolleranza, giustizia e solidarietà tra i popoli europei

Principi di attribuzione, sussidiarietà e proporzionalità: L’UE agisce solo entro le competenze conferite dagli Stati membri, intervenendo solo quando gli obiettivi non possono essere raggiunti efficacemente a livello nazionale o locale, e con azioni proporzionate agli obiettivi da conseguire

Competenze dell’Unione e degli Stati membri: L’UE ha competenze esclusive in alcune materie (es. politica commerciale comune), mentre in altri settori condivide competenze concorrenti con gli Stati membri (es. mercato interno, politica sociale, ambiente)

Meccanismi di tutela dei valori comuni: Previsione di procedure per constatare e sanzionare violazioni gravi dei valori fondamentali da parte degli Stati membri, con ruolo del Consiglio europeo, Parlamento e Commissione

Relazioni esterne: L’UE si impegna a promuovere i propri valori e interessi a livello internazionale, contribuendo alla pace, sicurezza, sviluppo sostenibile, solidarietà e rispetto reciproco tra i popoli

In sintesi, l’articolo espone i fondamenti giuridici, politici e valoriali dei trattati europei e il loro ruolo nel definire l’architettura istituzionale, le competenze e gli obiettivi dell’Unione Europea