COSI’VICINE, COSI’ LONTANE … (amg)

(la guerra e la TV)

Ogni giorno appare più evidente la discrasia venutasi a creare fra i toni educati, civili e raziocinanti dei salotti televisivi dove si discute dell’attuale guerra in Ucraina e le immagini agghiaccianti che ci giungono dai luoghi del massacro. Si viene colti da un senso di smarrimento, di incredulità come se fra i dibattiti televisivi e ciò che accade in Ucraina non ci fosse uno stretto rapporto; come se non si trattasse della stessa materia, della stessa tragedia. Mai, il parlare della guerra e la guerra in carne e ossa sono apparse così fuori sincrono, così lontane tra loro. Forse perché gli altri conflitti disseminati nel mondo non hanno goduto della stessa attenzione dei media, forse perché questa guerra ci sta col fiato sul collo , forse perché davvero non abbiamo le parole per dirlo. Ci vorrebbe il linguaggio dei poeti per dar voce alla sofferenza cosmica che ogni guerra porta con sé, per strappare all’indifferenza chi non ne è direttamente coinvolto. Un linguaggio alto e sintonico che oltrepassi i limiti della razionalità asettica e ci faccia vibrare all’unisono con chi è così duramente colpito. Questo flagello ci coglie emotivamente impreparati ed in parte, distaccati, incapaci di renderci conto fino in fondo che ciò che vediamo sullo schermo televisivo non è una fiction e ci riguarda molto da vicino. I toni asettici ci rassicurano. Se della guerra si può parlare con tanto self-control soppesando equamente i pro e i contro, anche se non vengono taciuti i rischi a cui stiamo andando incontro, ciò può significare che, tutto sommato, la situazione è sotto controllo. Un controllo che viene puntualmente smentito dalle immagini delle città distrutte, dei corpi abbandonati per le strade, dei missili e dei carri armati che si spartiscono brutalmente il cielo e la terra. Fra l’ordine formale dei dibattiti e il disordine reale dei combattimenti sembra non esserci un vero contatto. Questa falsa vicinanza, o meglio, questa sostanziale lontananza fra il dire e l’accadere fotografa l’incolmabile distanza che c’è fra chi la guerra la subisce e chi ne parla dal suo confortevole salotto televisivo. Certamente il distacco emotivo è necessario per poter dipanare una matassa tanto ingarbugliata eppure, la dismisura di questo evento bellico richiederebbe, oltre alla lucidità dell’analisi politica e storica, il pathos che non siamo più in grado di provare stando al riparo della nostra collaudata estraneità al dolore umano. In Europa, un così lungo periodo di pace riempito in gran parte da un eccesso di consumi materiali, svuotato dei valori culturali ed etici, frastornato dall’invasione della tecnologia digitale, è culminato nella diminuzione dell’umano sentire, in una vera e propria anestesia dell’anima. Se il percorso della storia, come sostengono gli studiosi, è lineare perché indietro non si torna, forse allora è il caso di dire che indietro non si torna perché non siamo mai andati avanti! La natura umana sembra obbedire alla legge astrale del moto apparente di alcuni corpi celesti, in perfetta sintonia con il principio gattopardesco del tutto cambia perché niente cambi. L’essere umano è sempre quello della pietra e della fionda e paga la sua fortunata conquista del benessere materiale e della lunga pace – poco meditata – di questi anni, con una progressiva disumanizzazione e con il ritorno alla barbarie. Si vive con un vago senso di vuoto attutito da una overdose di riempitivi fasulli per simulare una pienezza che non c’è. Percepiamo il nostro status attuale come l’unico possibile, come il solo paradigma del tutto, e non invece, del nostro niente.

Anna Maria Guideri, 16-04-2022

EBBENE SÌ, SONO PUTINIANO

E ADESSO VI SPIEGO PERCHÈ

ANTONIO MASSARI (“Il fatto quotidiano” del 13 aprile 2022.

Mi autodenuncio: sono putiniano.

Non sapevo di esserlo, fino al 24 febbraio scorso. L’ho scoperto giorno dopo giorno e ogni giorno che passa lo sono sempre di più.

Sono putiniano perché sulle scelte legate a questa guerra ho molti dubbi. E l’essere dubbioso, ho scoperto, è il tratto più saliente del putiniano.

Sono putiniano perché sono convinto che sia giusto aiutare gli ucraini a difendersi dall’invasione russa eppure, nello stesso tempo, non posso negare l’evidenza: più armi inviamo e più vittime dovremo contare –civili e non –e più in là dovremo spostare la data della pace. Questo dubbio ancora non riesco a scioglierlo ma devo fare in fretta perché se no qualcuno mi dice: “Ma secondo te si ferma la guerra con le parole? Soluzione: quale sarebbe la tua soluzione? ”.

Sono putiniano proprio perché non ho una soluzione immediata.

Sono putiniano perché, se sei in Ucraina, devi combattere con un’arma in mano, se invece sei qui, devi combattere con la tua personale soluzione immediata.

Sono putiniano perché la Nato dice: “gli ucraini possono vincere. Ma la guerra potrebbe durare anni”. Però quello senza la risposta immediata sarei io.

Sono putiniano perché non farò mai la lista dei giornalisti anti-putiniani né in lingua italiana né in lingua inglese. Figurarsi in lingua tedesca.

Sono putiniano perché sì, lo ammetto, una volta mi sono chiesto se l’Occidente può aver avuto qualche responsabilità in questa tragedia. Una volta mi sono addirittura chiesto a cosa serva la diplomazia europea se, dal 2014 a oggi, non siamo stati in grado di imbastire una soluzione che evitasse questa guerra.

Sono putiniano perché non capisco: come mai, per tutte le altre guerre in corso nel mondo, non inviamo armi e non muoviamo un dito?

Sono putiniano perché “quella all’Ucraina è una guerra ai valori dell’Occidente” ma i curdi, dopo che hanno combattuto l’Isis alle porte dell’Europa, li abbiamo lasciati soli con la Turchia (Nato) e il loro destino.

Sono putiniano perché abbiamo sanzionato la Russia, sì, ma con l’Egitto, che ha ucciso e torturato Giulio Regeni e sbattuto in cella Patrick Zaki, continuiamo a fare soldi vendendo le nostre armi. E acquisteremo il suo gas.

Sono putiniano perché nel 2021 abbiamo contato 1.872 migranti morti nel Mediterraneo: fuggono da guerre e miseria e se non muoiono in mare, pur di non vederli, li lasciamo marcire e torturare nei lager libici.

Sono putiniano perché per me ogni profugo va accolto. Da ovunque fugga. Perché una donna ucraina violentata da un russo non mi fa più pena di una migrante stuprata da un libico. E un bambino annegato in mare non mi addolora meno di un bambino ucciso da una bomba a Mariupol.

Sono putiniano perché dal 24 febbraio, prima di esprimere qualsivoglia pensiero, ti senti sempre in dovere di premettere l’ovvio: “i russi sono gli aggressori e gli ucraini gli aggrediti”. Ed è talmente ovvio che, se lo premetto, oltre a essere putiniano mi sento pure idiota.

Sono putiniano perché penso che la propaganda possa annidarsi ovunque, non solo nella Russia di Putin, quindi prendo con le pinze non solo le dichiarazioni di Zelensky ma pure quelle del Papa e del Dalai Lama.

Sono putiniano perché penso che per ogni “crimine di guerra” sia necessaria un’inchiesta indipendente che individui il “criminale di guerra” e poi lo condanni. E per quanto sia (sinceramente) convinto dalle immagini, dalla logica e dalle emozioni, di sapere già adesso chi sia il colpevole, devo ribadire a me stesso: immagini, logica ed emozioni non devono bastare.

Sono putiniano perché anche un’inchiesta giornalistica deve essere indipendente e quindi: prima di dare risposte un giornalista ha sempre il dovere di dubitare.

Sono putiniano perché quando gli Usa evocano la Corte penale internazionale sui crimini di guerra (alla quale non aderiscono) per condannare il presidente della Russia (che non aderisce) sui crimini commessi in Ucraina (che non aderisce) mi sento leggermente preso per il culo.

Sono putiniano perché sono certo che, senza un terzo super partes, non vi potrà essere né giustizia né pace.

Sono putiniano perché in questo momento (a parte il Papa) non vedo alcun terzo super partes che si muova per la pace.

Sono putiniano perché se scrivo tutto questo è chiaro che sono putiniano. Eppure credevo fosse Putin – come ogni autocrate – quello allergico ai dubbi e alle domande di chi sottolinea le ipocrisie del “pensiero unico”.

Ma non avevo ancora visto gli autorevoli antiputiniani. Ora che li ho visti mi hanno convinto: il filoputiniano sono io. Immagino che Putin ricambierà il mio prezioso aiuto con rubli, condizionatori a batteria o magari un lettone dei suoi (nel senso del giaciglio, non del cittadino della Lettonia, sperando non invada pure quella).

Nel caso, vi farò sapere.

ODIO GLI EQUIDISTANTI di amg

Odio gli equidistanti, odio i nénéisti.
Credo che vivere voglia dire schierarsi, rischiare di sbagliare, ma anche di avere ragione: bisogna scegliere.
L’equidistanza, anche se dolorosa e conflittuale, è assenza di partecipazione, è fuga dalle responsabilità. E’ lavarsi le mani come fece Pilato che, per non decidere, fece decidere al popolo che condannò a morte Gesù.
L’equidistanza è non scegliere perché tutti fanno schifo salvo poi far scegliere a coloro che fanno più schifo di tutti.
L’equidistanza è non aiutare chi soffre perché c’è sempre qualcuno che soffre di più da qualche parte del mondo.
L’equidistanza è una maschera che serve a coprire la paura di compromettersi.
L’equidistanza si nutre di benaltrismo e di palloni in tribuna perché il problema è sempre un altro.
L’equidistanza è trattare in modo uguale situazioni disuguali.
L’equidistanza è usare il passato per non affrontare il presente.
L’equidistanza è il tentativo di acquistare l’abito immacolato dell’innocenza approfittando dei saldi di fine stagione.
L’equidistanza è trattare allo stesso modo il lupo e l’agnello.
L’equidistanza è il rifiuto di rivelare agli altri e a se stessi chi siamo veramente.
L’equidistanza è spacciare per eccesso di scrupolo l’incapacità di decidere.
L’equidistanza portò l’asino di Buridano a morire di fame.
L’equidistanza non è mai una non scelta: è la scelta degli altri.
L’equi-distanza non è mai equa, è solo distanza.

Anna Maria Guideri, 28-03-2022

FORZA D’ANIMO

Non come foglie avvizzite
violate dal passante distratto;
non come fragili sterpi
travolti dall’impetuoso torrente …
ma come rami danzanti
che il vento intreccia e piega,
unisce e separa,
abbraccia e percuote,
che tenaci resistono
uniti al tronco centenario
dalle radici che affondano
nel cuore della terra.
Anna Maria Guideri, 24-03-2022

Onu neonazismi e votazioni

Gino Benvenuti ci propone la rilettura di un articolo di Manlio Dinucci – Il Manifesto 24.11.2020

Il Terzo Comitato delle Nazioni Unite – incaricato delle questioni sociali, umanitarie e culturali – ha approvato il 18 novembre la Risoluzione «Combattere la glorificazione del nazismo, neonazismo e altre pratiche che contribuiscono ad alimentare le contemporanee forme di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relativa intolleranza». La Risoluzione, ricordando che «la vittoria sul nazismo nella Seconda guerra mondiale contribuì alla creazione delle Nazioni Unite, al fine di salvare le future generazioni dal flagello della guerra», lancia l’allarme per la diffusione di movimenti neonazisti, razzisti e xenofobi in molte parti del mondo. Esprime «profonda preoccupazione per la glorificazione, in qualsiasi forma, del nazismo, del neonazismo e degli ex membri delle Waffen-SS».

Sottolinea quindi che «il neonazismo è qualcosa di più della glorificazione di un movimento del passato: è un fenomeno contemporaneo». I movimenti neonazisti e altri analoghi «alimentano le attuali forme di razzismo, discriminazione razziale, antisemitismo, islamofobia, cristianofobia e relativa intolleranza». La Risoluzione chiama quindi gli Stati delle Nazioni Unite a intraprendere una serie di misure per contrastare tale fenomeno. La Risoluzione, già adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2019, è stata approvata dal Terzo Comitato con 122 voti a favore, tra cui quelli di due membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, Russia e Cina. Due soli membri delle Nazioni Unite hanno votato contro: Stati uniti (membro permanente del Consiglio di Sicurezza) e Ucraina.

Sicuramente per una direttiva interna, gli altri 29 membri della Nato, tra cui l’Italia, si sono astenuti. Lo stesso hanno fatto i 27 membri dell’Unione europea, 21 dei quali appartengono alla Nato. Tra i 53 astenuti vi sono anche Australia, Giappone e altri partner della Nato. Il significato politico di tale votazione è chiaro: i membri e partner della Nato hanno boicottato la Risoluzione che, pur senza nominarla, chiama in causa anzitutto l’Ucraina, i cui movimenti neonazisti sono stati e sono usati dalla Nato a fini strategici. Vi sono ampie prove che squadre neonaziste sono state addestrate e impiegate, sotto regia Usa/Nato, nel putsch di piazza Maidan nel 2014 e nell’attacco ai russi di Ucraina per provocare, con il distacco della Crimea e il suo ritorno alla Russia, un nuovo confronto in Europa analogo a quello della guerra fredda. Emblematico il ruolo del battaglione Azov, fondato nel 2014 da Andriy Biletsky, il «Führer bianco» sostenitore della «purezza razziale della nazione ucraina, che non deve mischiarsi a razze inferiori».

Dopo essersi distinto per la sua ferocia, l’Azov è stato trasformato in reggimento della Guardia nazionale ucraina, dotato di carri armati e artiglieria. Ciò che ha conservato è l’emblema, ricalcato da quello delle SS Das Reich, e la formazione ideologica delle reclute modellata su quella nazista. Il reggimento Azov è addestrato da istruttori Usa, trasferiti da Vicenza in Ucraina, affiancati da altri della Nato.. L’Azov è non solo una unità militare, ma un movimento ideologico e politico. Biletsky resta il capo carismatico in particolare per l’organizzazione giovanile, educata all’odio contro i russi e addestrata militarmente. Contemporaneamente, vengono reclutati a Kiev neonazisti da tutta Europa, Italia compresa. L’Ucraina è così divenuta il «vivaio» del rinascente nazismo nel cuore dell’Europa. In tale quadro si inserisce l’astensione dell’Italia, anche nella votazione della Risoluzione all’Assemblea Generale.

Il Parlamento acconsente, come quando nel 2017 ha firmato un memorandum d’intesa col presidente del parlamento ucraino Andriy Parubiy, fondatore del Partito nazionalsociale ucraino, sul modello nazionalsocialista hitleriano, capo delle squadre neonaziste responsabili di assassini e feroci pestaggi di oppositori politici. Sarà lui a complimentarsi col governo italiano sul non-voto della Risoluzione Onu sul nazismo, in linea con quanto ha dichiarato in televisione: «Il più grande uomo che ha praticato la democrazia diretta è stato Adolf Hitler».

Manlio Dinucci

DOLORE NUDO

(ovvero: l’essenziale umano)

Niente più protegge la tua carne viva, uomo.
cadono le bombe,
cadono le maschere:
il dolore è nudo.

Invano cercherai consolazione
nelle false seduzioni,
nelle stupide aspirazioni,
negl’idoli di cartapesta.

Non ti aiuterà inseguire l’effimero,
cancellare il tempo,
credere che un momento vincente
duri all’infinito.

Non ti aiuterà scambiare
la tua fragilità per sicurezza,
il tuo rifiuto della verità,
per coraggio.

Non ti basterà
affidarti al nulla
travestito di bellezza …
alla leggerezza del vuoto
all’eccesso truccato
da successo …

Forse non sarai più
né vittima né complice
della contraffazione informatica,
promessa mancata
di verità.

Né sarai più attratto
da falsi modelli di felicità.

Il dolore nudo
sostituirà la rabbia urlante
impigliata tra veli opachi
e parlerà con la voce sommessa
e chiara dell’anima.

Lo sentirai, il nudo dolore,
nel profondo del tuo essere.
Lo sentirai nella tua carne,
nella tua mente, nel tuo cuore,
nelle tue vane parole …

Il dolore spezzerà le reni
alle tue difese,
alle tue sciocche pretese,
ai calcoli meschini
di chi crede che il suo cortile
sia il mondo.

E sarà un bene.
Da lì potrai rinascere
come creatura nuova,
privata di tutto l’inutile,
dotata solo di ciò che conta:
l’essenziale umano.

Anna Maria Guideri, 18-03-2022

Il tavolo della pace

Enrico Tendi.
In occasione della Manifestazione per la pace indetta dal Comune di Firenze il 13 marzo 2022

Si doveva andare, e siamo andati. C’era la manifestazione per L’Ucraina a Santa Croce. Tutto il centro a piedi, da Santa Maria Novella tanta gente anche con bandiere, che sono sempre di più, al duomo, a palazzo vecchio, in piazza S. Firenze, e poi si disperdono tra Borgo de’ Greci, via della Vigna vecchia, via dell’Anguillara per arrivare tutti a S. Croce. Anche qui tanta gente, tante bandiere. Rimbombano parole in inglese. È difficile capire perché, prima di tutto, è inglese, e poi l’altoparlante rimbomba parecchio. Per fortuna inizia la traduzione, pressoché simultanea. È Zelinsky. Pronuncia parole forti: grazie per l’aiuto ma dovete fare di più, noi siamo Europa, combattiamo per la libertà e la vita, non ci arrenderemo mai, vinceremo. La piazza non risponde con un eccitato boato, ma applaude calorosamente. Direi doverosamente. Poi tanti sindaci, in rappresentanza di tantissime città d’Europa. Il tono e le parole sono più o meno omogenee. La libertà, i principi non trattabili, la brutalità dell’attacco, la sacralità della vita. Non vorrei dare un’impressione sbagliata: sono parole e sentimenti che sottoscrivo con tutto il cuore; le scene dell’esodo degli Ucraini sono toccanti, ed ho grande ammirazione per questo popolo. Una nazione tutto sommato piccola, con pochi milioni di abitanti, contro un gigante, sia per dimensioni che per potenza militare.

Appunto: un gigante. Il nostro David deve essere stato l’ultimo che ha vinto contro un gigante, molto più forte e potente di lui. E l’averlo come simbolo non ha salvato la repubblica da Giovanni de’ Medici, al seguito del più potente esercito spagnolo. Da ragazzo, ragazzino, ci parlavano di onore, e del sacrificio per la patria. “dulce et decorum est, pro patria mori “, scrive Orazio. Ma ora, da vecchio, diciamocelo, io ricordo con più piacere l’Omero dell’Odissea, che fa dire ad Achille, nell’Ade: “vorrei piuttosto essere l’ultimo dei servi, vivo, che regnare qui, sui morti”. Ed è lo stesso Achille che l’altro Omero, quello dell’Iliade, descrive tracotante e baldanzoso. Mussolini voleva qualche migliaio di morti, per sedere al tavolo della pace. Ne ebbe, fra militari e civili, oltre 400.000. E al tavolo della pace De Gasperi ci andò con il cappello in mano. Quanti ne servono adesso, ai Russi per “debellare superbos”, agli Ucraini per conservare l’onore?

Enrico Tendi, 13 marzo 2022