Se son donne non si vogliono

(Pole la donna diventare Presidente della Repubblica? Non pole)

A questo quesito invece si dovrebbe rispondere di sì perché le donne le son omini anche loro … ma qui finisce il ludico e comincia i’ curturale perché siamo seri, le donne le un son punto adatte … Questo almeno è il pensiero che si può cogliere sottotraccia nei vari dibattiti – politicamente corretti – sul tema. La tesi apparentemente più ovvia sostenuta da più parti , è quella di guardare soprattutto al merito che però, a giudicare dai fatti, sembrerebbe avere una particolare predilezione per gli uomini, visto che nessuna donna ha mai avuto l’onore di salire al Colle. Agli uomini non si chiede di essere bravi, si dà per scontato. Alle donne invece, si chiede perché lo devono dimostrare di essere brave: se lo devono meritare, il Quirinale! Infatti a tutt’oggi nessuna se l’è meritato. Con tutto il rispetto per molti – non proprio tutti – presidenti succedutisi al Quirinale che hanno onorato questa alta carica, non sappiamo come avrebbero assolto il loro compito le donne se fossero state elette – almeno una volta – Presidenti della Repubblica. Ma il punto a mio parere più dirimente emerso dal dibattito è quello della scarsa rilevanza del quesito. Insomma, perché perdere tempo a discutere di un problema secondario rispetto ad altri più importanti, addirittura prioritari? Il benaltrismo, si sa, è una comoda via di fuga quando si devono affrontare problematiche politicamente scomode. Paradossalmente, il fatto che l’elezione di una donna al Quirinale sia considerata una questione secondaria, la rende prioritaria. E’ la discriminazione che la rende tale. Non sarebbe prioritaria se non fosse impedita, o fortemente ostacolata. Per questo, parlare di merito senza aver prima fatto i conti con la parità di genere, è fuorviante. Come si può parlare di meritocrazia se una delle due parti non ha la stessa possibilità che ha l’altra di vedere riconosciute le proprie capacità? Altra cosa sarebbe se si fosse già raggiunto un trattamento paritario a tutti gli effetti. In tal caso si potrebbe parlare di merito perché saremmo all’interno di un contesto nel quale tutti i soggetti – uomini e donne indistintamente – potrebbero dimostrare il proprio valore. In mancanza di tale condizione non ha senso parlare di meritocrazia che, guarda caso, penalizza sempre le donne. E’ invece il caso di parlare di priorità del riconoscimento dei diritti delle donne per permettere loro di accedere, come gli uomini, alla massima carica dello Stato, facendo valere, in condizioni di perfetta parità, i propri meriti.

Anna Maria Guideri, 04-12-2021

Il Manicomio

Alba di un giorno di primavera. Prima di aspettare che la nebbia si diradi, percorro una solitaria strada comunale sterrata e mi dirigo verso una costruzione pentagonale dalle mura spesse e rinforzate agli angoli con poderosi bastioni, che richiama alla mente un vecchio edificio militare. Mi ero promesso di farlo anche perché intorno a quell’edificio circolavano in paese storie strane di urla notturne ed addirittura di fantasmi e come si sa la fantasia popolare o le cosiddette dicerie, non nascono a caso. Quando qualche volta avevo provato ad entrare sull’argomento, il fastidio con cui la gente del posto rispondeva, era palese. O si giravano da un’altra parte evitando di rispondere oppure qualcuno mormorava un generico “sono tutte chiacchiere”. Per la strada, prima che il sole inizi il suo braccio di ferro con la nebbia, le piante umidicce mostrano una patina che opacizza il colore delle foglie. Appena fuori paese entro in un viottolo di campagna e poco dopo, con un piccolo salto, supero un fossetto per potermi inoltrare nell’ampio parco a forma di anfiteatro circostante l’edificio. La rete di recinzione, avvolta e stravolta dal caotico fogliame, mostra dei buchi ed attraverso uno di essi cerco di proseguire. Un tempo il complesso, ben curato come dimostrano alcune vecchie fotografie, con vialetti secondari delimitati da piante di alloro potate alla stessa altezza, aiuole circoscritte da listelli di legno e panchine in pietra davanti ad una fontana, mostrava una certa solennità e piacevolezza.

Adesso tutto è ridotto ad un inestricabile ammasso di rovi e di rami che si sono avvinghiati e compenetrati rendendo il parco simile ad una giungla ed in alcuni punti non è possibile vedere il cielo. Dei vialetti interni non resta traccia e soltanto la ghiaia, che scricchiola sotto le scarpe saltuariamente, ce lo ricorda. Proseguo con difficoltà e mi graffio in più punti le braccia. -La natura è più forte anche della sporcizia- penso mentre alcuni gatti fuggono davanti a me tra bottiglie e cartacce. Vicino al castello, il fogliame caotico si attenua e procedo con l’erba che mi sfiora le ginocchia. Proprio al limitare del parco, prima di salire su un gradino in pietra che porta al ponticello, noto una pelle di serpente.

Percorro due gradini e volgendo lo sguardo in basso vedo una traccia d’acqua, residuo dei temporali trascorsi, e deduco l’esistenza remota di un fossato dove una serpe scivola via velocemente. Arrivo nel mezzo del ponte ed appoggiando i gomiti sulla spalletta guardo in alto. Scorgo delle trasandate persiane ed un corvo si leva in volo mentre un altro plana nelle vicinanze. Il portone enorme di castagno massello visibilmente tarlato, rinforzato con borchie di ferro arrugginito, non cede alla mia pressione anche se la chiusura si allenta, ma dopo un paio di tentativi inutili per forzarlo, con la suola delle scarpe percuoto violentemente un’anta che scricchiola liberando in terra del pulviscolo legnoso; infine riesco ad entrare. Davanti a me si presentano un corridoio dai soffitti altissimi e delle finestre irraggiungibili caratterizzate da scivoli che dalla base inferiore calano inclinati verso il basso, evidenziando lo spessore dei muri. Tre cancelli distanziati, incardinati all’interno di un’armatura metallica che dal soffitto arriva fino a terra, sbarrano l’accesso a chiunque. Dai vetri infranti, una corrente d’aria trasporta delle foglie che restano sospese alcuni attimi come i piccioni che planano a loro piacimento nel corridoio.

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NO VAX, NO PASS: presunzione e contraddizione

Molti sedicenti maitre a penser – filosofi e intellettuali vari – criticano il provvedimento del governo sul green pass perché celerebbe, secondo loro, un disegno autoritario mirante a controllare e a ridurre progressivamente le libertà individuali. Insomma, questo disegno sarebbe celato a tutti meno che a loro! Essi si sentono depositari di una specie di segreto di Stato riservato a pochi eletti, di una verità nascosta che avrebbe scelto proprio loro e solo loro per rivelarsi e per investirli di una missione salvifica. Quale delirante autostima gonfia a dismisura il loro ego? Quali pezze d’appoggio possono esibire per vantare il possesso di verità che sono negate ai più? Loro sarebbero i vaccinati consapevoli che, dopo essersi sacrificati bevendo dall’amaro calice, hanno sentito le voci che hanno loro intimato di aprire gli occhi ai beati beoti proni al cospetto di tutte le disposizioni del governo. Solo loro – i sapienti, i saggi – sarebbero condannati a portare il pesante fardello della verità da divulgare urbi et orbi. Sì loro, proprio loro, sarebbero i nuovi apostoli dell’era post moderna. Eppure non è difficile cogliere un retropensiero debole e contraddittorio nelle loro posizioni. Come si fa a vaccinarsi e a dotarsi di green pass e al tempo stesso remare contro i vaccini e i green pass? Se fossimo maliziosi sospetteremmo l’uso di una strategia mirante a risollevare la propria vacillante popolarità. Predicare male – contro il green pass – e razzolare bene – procurandoselo – può costituire un abile espediente per prendere due piccioni con una fava: salvarsi la pelle e occupare la scena. Se poi, facendo da sponda alle posizioni più farneticanti, si semina il caos e si fomentano disordini e contagi, chi se ne frega? L’importante è non allinearsi per non passare inosservati. E se molti ci rimettono la pelle, che importa? La libertà è più importante della vita! Infatti, cosa c’è di più liberatorio della morte? Se poi la vita si deve alle decisioni di un governo che obbedisce agli scienziati e non ai filosofi, ci dev’essere senz’altro un secondo fine. Se il potere dà retta alla scienza vuol dire che la scienza sta dalla parte del potere e non dei cittadini anche se ti salva la vita. Questo almeno è ciò che passa sui social ai quali gli esimi opinionisti accarezzano il pelo. Per sostenere questo, contro ogni evidenza, si è disposti a confutare i dati spaventosi dell’epidemia, ad improvvisarsi costituzionalisti e virologi o a cimentarsi in cervellotici giochi di prestigio per dimostrare l’indimostrabile.

Anna Maria Guideri, 29-11-2021

Metterci la faccia

(ovvero, il coraggio di essere stronzi)

Ho trovato interessante lo scambio di vedute intercorso tra Lucia Annunziata e Michela Marzano durante la puntata del 27 Novembre di Le parole della settimana in merito alle esternazioni antitrans dell’autrice di Herry Potter J. K. Rowling, giudicate da molti sorprendentemente offensive. Annunziata ha sostenuto che, per quanto le dichiarazioni fossero discutibili e inaspettate – visto il credito di cui la Rowling gode – c’è da apprezzare il fatto che ci ha messo la faccia; ha avuto il coraggio di compromettere la sua – fino ad oggi irreprensibile – reputazione. Michela Marzano ha obiettato che il coraggio di offendere negando l’altrui identità, non è proprio il massimo che ci si debba aspettare. Annunziata ha replicato insistendo sul fatto che chi ci mette la faccia è comunque da preferire a chi non ce la mette – come gli odiatori – e si nasconde vigliaccamente nell’anonimato dei social. Le parole dell’Annunziata hanno chiuso il confronto nel sostanziale assenso degli altri presenti in studio: Gramellini, Pif, Veronica Pivetti.

Di fatto il risalto dato al coraggio della scrittrice ha finito per oscurare il contenuto delle sue parole, la gravità dell’offesa nei confronti della persona transgender. Praticamente il metodo ha prevalso sul merito; la forma sul contenuto. Metterci la faccia ci assolve dunque da tutte le stronzate che diciamo? Troppo comodo! Se metterci la faccia è un salvacondotto per qualunque abuso verbale, come potremo arrestare la deriva del politicamente scorretto che loda il coraggio di chi ferisce e non la correttezza di chi rispetta? Si apprezza il coraggio per aver detto cose di cui ci si dovrebbe vergognare. E poi, siamo proprio sicuri che si tratti di coraggio o non piuttosto di un abuso di chi si fa scudo del proprio potere e lo usa per ledere i diritti altrui? Coraggioso non è colui che si trova in vantaggio, ma colui che parte svantaggiato come Davide quando affrontò Golia!

Anna Maria Guideri, 28-11-2021

ma ci sono o ci fanno?

Cara Grande Aringa,
mi sembra che il vento della cretinisia e dell’ipocrisia stia rafforzando la propria forza: le campagne di disinformazione per fare danni al governo della repubblica popolare cinese, principale obiettivo degli imperialisti usa è clamoroso come il ruolo dei complici baltici (vedi la Lituania che apre un’ambasciata a Taiwan, ma la doppiezza tedesca è sconcertante: appoggio al governo polacco, peraltro in situazione non facile rispetto ai movimenti femminili sulla questione dell’aborto, a proposito di quello che sarebbe l’assalto per destabilizzare l’Europa, mentre nel Mediterraneo le organizzazioni in gran parte tedesche sostengono l’arrivo in Europa, via repubblica italiana di centinaio di profughi al giorno, anch’essi in gran parte islamici come quelli che cercano di entrare via Polonia, ma africane /i. Il silenzio del papa sullo scandalo dell’atteggiamento di un governo apertamente clericale, come quello Lituano, rivela tutta la doppiezza vaticana.

La vergogna della compiacente copertura mediatica del pagliazzo di Rignano invece è preoccupante per le potenziali manipolazioni permesse dalle leggi elettorali introdotte dal regime dopo il colpo di stato di Umberto III. I lobotomizzati intanto si muovomo nelle piazze d’Europa e forse tutto ciò è promosso dai padroni del vapore per favorire la diffusione e la persistenza del morbo,insomma le capacità strategiche dell’avversario di classe sono notevoli: sarebbe l’ora di invertire la rotta dell’atomizzazione dei super intelligentoni che si credono Marx o Lenin redivivi e impegnarsi per una unità nuova tra le masse proletarie e proletarizzate prima che il sottoproletariato diventi la massa di manovra per regimi orvellianamente organizzati.

Hvs !

Ugo Barlozzetti, 22/11/2021

P.S. Aderite ai liberi circoli di cacciatori degli assassini del congiuntivo e alla rete di difesa dall’anglolalia e dall’occheismo.

mondo cane

da Ugo Barlozzetti

Buongiorno cara Grande Aringa,
mi permetto di inviarti alcune considerazioni che proprio mi scappano di mano:
1) La sentenza di assoluzione per un assassino negli Usa: mi pare che la mancata, adeguata, denuncia dell’ipocrisia di uno stato che usa i diritti umani come clava nei confronti della sovranità altrui, tollerando le peggiori infamie dei regimi amici o servi, dimostri, ancora una volta, non solo la malafede sia di quei giudici o dei giurati, ma il grado di asservimento del sistema di comunicazione dei paesi sedicenti liberal-democratici, termine peraltro che corrisponde a un ircocervo storico politico perché il liberalismo è ben diverso dalla democrazia. In relazione all’assassino statunitense non mi so rendere conto come possano aver considerata la sua azione come di legittima difesa: la distanza per l’uso del fucile dimostra la distanza da una minaccia tale da dover reagire sparando addirittura su tre bersagli.
2) Sta ripartendo la canea contro la repubblica popolare cinese perché dobbiamo aiutare i periclitanti profitti dei padroni che si appoggiano alla potenza militare statunitense a iugulare meglio i concorrenti e soprattutto il mondo del lavoro. Dalla tennista agli Uiguri, ai diritti umani così rispettati, per esempio da un importante membro delle Nato come Erdogan o dagli “amici” delle petromonarchie del golfo…
3) Ma papa Francesco al clero polacco non fa arrivare nessun messaggio a proposito dei profughi? Quelli che arrivano in Italia sono accolti ( per poi, in molti casi farli sfruttare ben bene dalle organizzazioni criminali o dalle associazioni “buoniste”) e la Nato non si sente minacciata come se Tunisia e quella che era la Libia non possano infiltrare birbaccioni.
4) A Firenze si è tenuto il Festival delle religioni (sic!) ma come è stato promosso l’Islam, e come è stato affrontato il problema della tolleranza ?Anche sull’Islam c’è un’ipocrisia devastante, basterebbe leggere il Corano e un manuale di storia
5) Sto diffondendo i liberi circoli di cacciatori degli assassini del congiuntivo, la rete dei difensori della lingua italiana contro l’anglolalia e l’occheismo. Mi sembra il minimo per ricordare, degnamente, il settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri
Hvs
Ugo Barlozzetti, 21/11/2021

Il Marchese del Grullo

Il Matteo che da Rignano
nell’Arabia piano piano
ha raggiunto un gran successo
a Leopolda è andato al cesso.

Di sinistra io non sono,
non è un peccato che perdono;
della destra non fo parte,
ecco dunque le mie carte:

tutto quel che dico e faccio
ad altrui io lo rinfaccio.
Son ganzo se l’appoggio
sono fico se l’abbatto

il governo è mio fantoccio,
senza me non si fa niente
lo capisce tutta gente.

Dunque: cari state boni,
tanti sono poi i soldoni
che verranno, a profusione
come mai il Berluscone

seppe allora elargire,
e date retta al mio dire:
conta meno il capitale
della fuffa che sai dare.

Quel ch’io dico solo vale.
tutto il resto poco cale
son Marchese e me ne vanto
e a tutti voi ve lo schianto

Il Baffo Aretino, 21/11/2021

Morte in Treno

Era un Mercoledì mattina del mese di Settembre quando Renato, dopo aver salutato il figlio che impegnato sul lavoro uscì velocemente dalla stazione, si mosse verso il binario dove il treno delle 9, 15 a momenti sarebbe partito. Scarpe da tennis, jeans appena sotto il ginocchio, felpa sportiva sopra una maglietta arancione, acquistata alcuni anni prima ad Amsterdam, ed un cappello, con una piccola tesa leggermente calato all’indietro, lasciava intravedere un ciuffo abbondante di capelli brizzolati. Biglietto alla mano verificò il numero della carrozza e vi salì dentro collocando subito il piccolo bagaglio nello scomparto previsto. Guardò l’orologio e mancando ancora tre minuti ritornò sulla pensilina ed accese una sigaretta restando con un piede sopra il predellino. Per oltre due ore sarebbe stato senza fumare ed allora con boccate ampie e prolungate consumò mezza sigaretta prima di gettarla tra i binari giacché il capostazione aveva fatto già diversi cenni dalla testa del treno e tutti i viaggiatori erano saliti sopra. Prese posto proprio nell’ultima poltroncina singola dello scompartimento così, senza scomodare qualcuno, avrebbe potuto alzarsi a piacimento e non essere disturbato nel cercare di risolvere la propria enigmistica. La partenza di un treno nel binario accanto, gli dette la sensazione di essere già in movimento.

Seduto, comunicò al figlio di essere già partito ed estrasse il biglietto poggiandolo sulla ribaltina mentre due viaggiatori si sistemarono davanti a lui, dopo aver collocato i piccoli bagagli a contrasto tra i sedili. Passò circa una mezz’oretta quando mentre stava completando uno schema impegnativo, fece ingresso nella carrozza il controllore che esaminò il biglietto e lo perforò. Renato lo poggiò sul piccolo tavolino e si lasciò andare all’indietro sullo schienale. Un’occhiata fuori dai finestrini e vide sparire tralicci della luce, fossi e campi seminati mentre ebbe la sensazione che fosse fermo; sbadigliò a lungo. Ebbe un lieve giramento di testa ed appoggiò le mani sul piccolo tavolino cominciando a vedere immagini sfuocate intorno a sé e gli parve che la gente parlasse ad alta voce.

Quando sentì una fitta allo sterno, volle appoggiare la testa sul dorso delle mani arcuando i gomiti sulla ribaltina. Una mano cominciò a formicolare ed attribuì ciò alla posizione scomoda e prolungata, ma quando fece per alzarsi una forza misteriosa, premendolo contro lo schienale, glielo impedì. Il cellulare silenziato vibrando si spostò sulla ribaltina finendo per terra e premuroso un viaggiatore lo raccolse depositandoglielo accanto al suo gomito. Avrebbe voluto ringraziare, parlare del suo malessere, ma il respiro affannoso gli bloccò le parole e, quando il treno raggiunse il massimo di velocità, la sua testa dondolò e le orecchie gli si tapparono. Le persone davanti a lui continuarono a leggere. Ancora poco e poi sarebbe arrivato a Bologna. Qui in carrozza non salì alcun passeggero e nemmeno scesero i viaggiatori davanti a lui e quando passò di nuovo il controllore vedendo il suo biglietto perforato, non lo disturbò. A Firenze non scese come dovuto e non sentì i “buon viaggio” augurali dei viaggiatori vicini che, bagagli alla mano, si apprestarono ad uscire. Quando il treno proseguì per Roma, le mani scivolarono dal tavolino e penzolarono inerti. Rimase con la bocca contro il legno biasimato come maleducato da un viaggiatore che si era seduto davanti a lui.

Il cellulare cadde di nuovo e questa volta restò per terra mentre lui cominciò a sudare quando il treno, in orario, lentamente entrò in stazione e di lì a poco, si svuotò. Solo nella carrozza ebbe un sussulto e riuscì a rialzarsi per un attimo. Gridò aiuto, ma in quel treno vuoto nessuno poté ascoltarlo ed allora con le residue forze riuscì a muovere le gambe mentre il dolore allo sterno si fece più intenso e s’irradiò anche al braccio sinistro. Incerto nel suo proseguire per andare alla toelette si sedé in una poltrona poco più avanti e quando ostinato riuscì ad arrivarci provò ad aprirla, ma constatò che il treno fermo aveva i comandi bloccati. Il sudore copioso gli imperlò il volto quando decise di rientrare verso il suo posto sforzandosi di aumentare il suo passo ma ormai il suo organismo viaggiava per conto proprio.

Giunto a poco più di un metro dal suo posto, strascicando i piedi, cadde; si rialzò, barcollò e si afflosciò come un abito che scivola lentamente da una gruccia, urtando il suo biglietto che volò per terra vicino al cellulare. Sentì freddo e cominciò a battere i denti. Cercò di ricomporsi e con estremo sforzo, raccolse biglietto e cellulare appoggiando la testa sul tavolino quando tre uomini del personale addetto alla pulizia, si soffermarono davanti a lui. -Deve essere un viaggiatore che è salito in anticipo- . -Ha anche il biglietto- . -Lasciamolo dormire- disse l’ultimo con una granata in mano. Il treno cominciò a riempirsi. Tra chi sistemava i bagagli, chi con le cuffie ascoltava musica, chi approntava il suo computer, chi si dedicò subito nella lettura di un libro, chi s’immerse nei propri affari ognuno ebbe il proprio daffare perché nei viaggi brevi e velocissimi, i treni diventano più intimi. Nessuno fece caso a Renato.

Nel primo tratto il treno marciò lentamente e quel povero gomitolo inerte oscillò per un attimo, ma quando prese velocità, fu sballottato e rotolò sul pavimento mostrando il suo pallore mortale; il treno era a metà percorso. Tra grida di spavento, curiosità ed indifferenza, venne subito chiamato il capotreno che ne constatò il polso debolissimo. Dopo poco tramite altoparlante venne fatto un appello per rintracciare urgentemente un medico tra i viaggiatori e farlo venire in quella carrozza. -Che fate adesso?- chiese la viaggiatrice che sedeva davanti a Renato. -Chiameremo l’ambulanza, non vi avvicinate…anzi sedetevi da un’altra parte tanto c’è posto per tutti- intimò il controllore allontanandosi. Arrivò il personale di servizio e stese un telo su Renato immobile. -Ma che fate non è morto- . -Lasciategli fuori la testa per respirare- . Imbarazzato il giovane, cercò di scusarsi dicendo che non aveva capito bene nel momento in cui il treno raggiunse il massimo della velocità. -Alla prossima stazione sarà trasportato in ospedale, l’ambulanza è già sulla pensilina… purtroppo non siamo su un treno locale- comunicò il capotreno. -Ha ragione il controllore; a mia madre è successo che si è sentita male sul treno locale per Bologna e dopo un quarto d’ora era già in ospedale- commentò una giovane.

Renato sdraiato vedeva immagini sfuocate, ma non capiva che cosa stesse succedendo ed aprendo per un attimo gli occhi sbarrandoli dette l’impressione di un decesso. -Mamma mia è morto- . -Signori levatevi di qui andate a sedere- gridò spazientito il capotreno mentre una dottoressa sopraggiunta immediatamente con una valigetta si adoperò per somministrargli un’iniezione. Gli mise un cuscino d’emergenza sotto la testa, i pantaloni slacciati e dopo, alzandogli la maglietta, si prodigò per un inutile massaggio cardiaco. -È deceduto- sentenziò rialzandosi. Il capotreno sbiancò come la salma e si aggiustò il cappello. -E adesso? Non ci fermeremo mica per accertamenti?- chiese ansioso un uomo azzimato che lasciava dietro di sé un alone di profumo – più che morto, cosa può fare? Non resuscita mica!- insisté cinicamente. -Giusto anch’io ho un appuntamento importante…ci mancava solo questo- borbottò una viaggiatrice nel ritirare il suo bagaglio dallo scomparto. -Non si preoccupi e vada a sedere- inveì il capotreno mentre frugò nel giubbotto del cadavere alla ricerca dei documenti.

Gino Benvenuti, Giugno 1993

Letti rubati

(Viva Voltaire!)

Quanta compassionevole attenzione per tutti gli impauriti che non si vogliono vaccinare! Quanta indulgenza viene profusa per il sentimento paralizzante di coloro che aborrono farsi iniettare un siero che, secondo loro, nella migliore delle ipotesi, ti causerà dei danni duraturi e nella peggiore, pregiudicherà irreversibilmente il tuo codice genetico e quello della tua discendenza nei secoli avvenire. Al netto dei deliri fantascientifici e complottistici, la paura è una naturale e provvidenziale reazione umana come risposta a minacce reali o percepite come tali. Chi di noi non si è impaurito più volte nella vita? Bisogna rispettarli, gli impauriti! Blandirli, placarli, persuaderli con garbo e pazienza rispettando il loro diritto alla libertà di scelta, pardon, di contagio, i loro tempi di apprendimento … Altrimenti potrebbero fare gesti inconsulti come devastare i luoghi pubblici, i negozi, le sedi istituzionali e, fatto non secondario, votare … chissà come! Ma il virus, questo barbaro invasore, i loro tempi non li rispetta per niente e corre all’impazzata fregandosene altamente di questi ripetenti dalle zucche dure che proprio non ne vogliono sapere di andare a scuola e di studiare le scienze e la filosofia, soprattutto quella di Voltaire che aveva le idee molto chiare in fatto di diritti democratici. A questo punto, per par condicio e nel rispetto di Voltaire, è doveroso considerare anche la paura di tanti malati gravi che si sono visti rinviare sine die un ricovero ospedaliero, un intervento chirurgico, un esame diagnostico … perché, grazie agli impauriti tanto bisognosi di comprensione, le strutture ospedaliere erano sature di pazienti da covid. Avranno anche loro paura di morire con qualche fondato motivo in più rispetto ai tanto rispettati no-vax? Costoro, come potrebbero essere biasimati se insorgessero al grido di ridateci i letti rubati, ridateci le terapie intensive, ridateci le nostre ecografie, i nostri amati elettrocardiogrammi, i nostri ospedali?! Se agli zucconi è riconosciuto il diritto di prendersela comoda per arrivare a capire che bisogna vaccinarsi, i malati gravi questo diritto – anzi lusso – di prendersela comoda non se lo possono proprio permettere!

Anna Maria Guideri, 20-11-2021