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L'ottimismo della volontà col pessimismo della ragione

Il capitalismo dell’avidità di Alessandro Volpi

La Redazione, 28 Giugno 202528 Giugno 2025

Il capitalismo dell’avidità. Penso che ci siano alcuni aspetti del capitalismo italiano che dovrebbero essere resi ben noti. I tre uomini più ricchi d’Italia sono “imprenditori”. Giovanni Ferrero ha un patrimonio di oltre 40 miliardi di euro; la società a cui fanno capo le sue attività è la Ferrero International, con sede fiscale in Lussemburgo, mentre un’altra società del gruppo che faceva capo direttamente al padre, Michele, la Sorenmantec ha sede a Montecarlo. Esiste poi un sistema di scatole cinesi tutte con sede fiscale in Lussemburgo. Di Andrea Pignataro  – patrimonio oltre 30 miliardi di euro – ho già scritto; mi limito qui a ricordare che ha un contenzioso con il fisco italiano di 1,2 miliardi di euro, risolto con il pagamento di 280 milioni rateizzati… Il terzo miliardario italiano è Giancarlo Devasini, la cui fortuna deriva delle criptopvalute e da due società BitFinex e Tether, che condivide con il socio Paolo Ardoino. La prima ha avuto la sede fiscale nelle Isole Vergini Britanniche e poi a Hong Kong, mentre la seconda ha sede in El Salvador, il principale paradiso fiscale per le criptovalute. Aggiungerei a questi tre “medaglioni”, altri esempi. Delfin, la società degli eredi Del Vecchio, che ha un peso decisivo in Essilor Luxottica e che ha partecipazioni rilevanti in Mps, Mediobanca e Generali, per un valore di circa 17 miliardi di euro, è una holding lussemburghese che ha sede fiscale a Gibilterra. Anche Barilla International, controllata per l’85% da Barilla Holding, ha sede fiscale ad Amsterdam. Ferrari, di cui Pietro Ferrari è azionista miliardario, ha sede legale ad Amsterdam, come del resto la sua controllante Exor degli Agnelli-Elkann. Ad Amsterdam ha sede fiscale anche una delle principali società di Francesco Gaetano Caltagirone, la Cementir.. L’elenco potrebbe continuare, ma la considerazione indotta da questi dati è immediata. Il tratto costitutivo di una parte rilevante del capitalismo italiano è rappresentato dalla ricerca spasmodica delle forme di riduzione del carico fiscale da pagare alla collettività? E’ possibile l’esistenza di un’economia priva del senso di appartenenza comunitaria? A questo dato ne andrebbe aggiunto un altro, ormai strutturale. Nelle imprese e nelle banche italiane sono sempre più presenti i grandi fondi finanziari, che non coltivano prospettive produttive e industriali, ma la logica dei rendimenti di breve periodo, resi chiari dalla quota gigantesca di profitti destinati a dividendi finanziari. Ma allora che tipo di relazioni industriali sono possibili in tale contesto? Aver fatto coincidere l’idea di impresa con quella dell’avidità finanziaria e fiscale ha contribuito a segnare la vera crisi del valore del lavoro e a celebrare la ricchezza in quanto tale. Chiudo con un fatto che può apparire estraneo a questo ragionamento ma, per me, non lo è. Jeff Bezos, titolare di un patrimonio di 227 miliardi di dollari, ha pensato che per far cessare le proteste contro la celebrazione del suo matrimonio a Venezia fosse utile una donazione di 3 milioni di euro. In pratica, è come se il titolare di un patrimonio di 30/40 mila euro avesse “donato” 50 centesimi. Avidità e totale smarrimento del senso della realtà collettivo sono i segni di un sistema devastante.

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