Il dolce di Natale by Sandra Vegni

Un altro giorno, un altro raccontino
Carla Cristini, Il dolce di Natale
FONTE Facebook 22-12-24

A casa mia il Natale era la festa a cui tutta la famiglia dedicava una lenta ed accurata preparazione. A noi figlie il ruolo di assistenti in tutte le attività. A mio padre era riservato l’allestimento del presepe e dell’albero: predisponeva su un tavolo un’arcata per sorreggere il cielo stellato, disegnato sulla carta azzurra con le stelle dorate, e modellava con il cartone colline e pianure, compresa la vallata del fiume. Poi, a tempo perso, ricavava casette e torri da rotoli di carta igienica e cartoncino di vecchie cartellette dell’ufficio. Per l’albero le lucine, a formare la catena, venivano collegate con il nastro per elettricisti tutti gli anni, previa conferma del loro funzionamento. Pronte alla Vigilia di Natale, le palline dovevano correre nelle nostre mani per finire sui rami dell’abete, comprato ogni anno con la zolla avvolta nella iuta. Spesso le palline correvano così veloci che si sbriciolavano a terra in un batter d’occhio. Comunque, albero e presepe erano pronti, nel loro splendore, il ventiquattro sera.
A mia madre, era riservato, oltre alla sartoria dei nostri vestiti, il settore culinario che comprendeva un menù consolidato nel tempo, con poche variazioni ammesse anche sui dolci. Anzi sul dolce. Sì, perché mia madre un dolce sapeva fare e quello era: il ciambellone! Con le quattro uova del contadino, si separavano gli albumi, che mia madre montava a neve con due forchette in pochissimi secondi, impresa a me mai riuscita, mentre i tuorli si mescolavano con lo zucchero prima di aggiungere la farina. Arancia e limone venivano grattugiati dal babbo, come se la grattugia fosse un arnese troppo pericoloso ed impegnativo per il genere femminile; la qual cosa valeva anche per il parmigiano. Lievito e burro, sciolto nel latte e raffreddato, completavano la preparazione con l’aggiunta delicata della neve di albumi.
Dato che non avevamo una tortiera con il buco centrale, anzi non avevamo una tortiera di qualsiasi tipo, mia madre usava un tegame in allumino ben unto di burro e nel mezzo una tazza senza manico.
Questo era il dolce che doveva competere con panettone e pandoro, così insipidi per i nostri gusti.
– Mah – diceva mia madre – saranno anche buoni, ma questi canditi…
– Questo pandoro è tutto burro e non ha consistenza…
L’unico dolce ben accetto era il panforte e, tra i biscotti, i mitici ricciarelli. Solo loro potevano essere all’altezza del suo ciambellone!
Con il passare degli anni e la sempre crescente diffusione di diverse varietà di dolciumi, anche mia madre cercò di provare a variare.
– Oggi sperimento un nuovo dolce!
Fui felice di questo annuncio; soltanto per avere una novità, ero disposta a gustare qualsiasi sapore nuovo. Quando lo vidi sfornato, rigirato dal tegame sul vassoio, mi sembrò gradevole per la vista e l’olfatto: quattro grandi fette di ananas caramellate esalavano un profumo esotico. Non c’era più il buco nel mezzo e al centro di ogni fetta un mucchietto di pinoli, di cui andavo matta.
Aspettai la fine del pranzo, che a Natale aveva tempi lunghissimi. Forse per gli antipasti: rigorosamente di fegatini e burro e acciughe. Forse per i due primi: tortellini in brodo e tagliatelle con ragù. Forse per i secondi: arrosto di pollo e coniglio e roastbeef, che a casa mia si chiamava “il magro”. Patate arrosto a volontà. Finalmente il dolce: mia madre lo affetta e fa un bell’effetto nel piattino; il primo morso e…mi accorgo che il dolce nuovo altro non è che il ciambellone travestito con l’ananas!

Sandra Vegni 22-12-24

Natale 2024 – Guerre di religione

TITOLO REDAZIONALE
FONTE Ilario Poggesi Facebook 17-12-24

“Babbo Natale non esiste” ha detto un parroco durante l’omelia.
L’ha detto subito prima di offrire il corpo di Cristo, morto 1991 anni fa, in comodi e pratici dischetti bianchi.
C’erano anche parecchi bambini alla messa…
Quando le vocazioni sono “nate male”…

Ilario Poggesi 17-12-24

Comunicare è sempre un problema

La nostra cara libraia Cinzia Zanfini ci offre anche oggi il gusto di veraci esperienze col pubblico
TITOLO REDAZIONALE
FONTE Facebook 8-12-24

Qualcuno dei colleghi si infastidisce un po’ quando i GC* per chiederci un libro ci mettono il cellulare davanti alla faccia. Diciamo che non è proprio elegante ma ormai chi arriva in libreria al posto del bigliettino scritto a mano memorizza tutto sullo smartphone. In genere i clienti arrivano, sanno già quello che vogliono e mostrano uno screenshot della cover o la pagina del nostro sito. I più preparati ti danno pure l’EAN. E questo aiuta, specialmente quando ci sono corsi di lingua che si assomigliano tutti, oppure quando richiedono i manuali per concorsi o i libri di Diritto.
E se forse ad alcuni non sembra bello vedersi un cellulare davanti alla faccia per quanto mi riguarda non provo troppo fastidio. Però una cosa mi manca, mi manca molto e sono i begli strafalcioni che facevano i nostri GC che magari avevano letto o sentito per radio un titolo e ricordavano vagamente. In genere si trattava di errori linguistici o di associazioni di idee. Resterà sempre nel mio cuore la richiesta fattami, molti anni fa da un GC pimpantissimo quanto distratto.
Io: – Buongiorno, come posso aiutarla? –
GC: – Ce lo avete “Il vomito” di Sartre? –
Io (senza perdere il mio aplomb): – No, abbiamo solo “La nausea”. Il vomito è una conseguenza.-
Il cliente resosi conto del lapsus cominciò a ridere come un matto.
E mi mancano clienti come il giovanotto che, per far colpo sulla donzella che lo accompagnava mi chiese “Avete i dolori del giovane Welter?”
Ho subito immaginato a un disastroso incontro di pugilato, a un rovinoso ko.
Un gioco di parole bellissimo, degno di Bartezzaghi. Mi dispiace non averlo pensato io.
Tutto questo per dirvi, cari GC, che gli smartphone sono un formidabile ausilio, ma tolgono tanto al nostro rapporto. Tolgono le parole, gli sguardi, i sorrisi e quella spontaneità e quella imperfezione per la quale tanto vi amiamo.
*GC = Gentile Cliente.

Cinzia Zanfini 8-12-24 #vitadalibraia

Bilancio di previsione … non ci resta che piangere

FONTE Facebook 17-12-24
Franco Bortolotti

da Alessandro Volpi: “Mi domando davvero se i commentatori italiani hanno letto i numeri della Legge di Bilancio. Certo, la mole di emendamenti ha contribuito a stravolgerla e dunque a rendere più complessa la lettura. Ma alcuni punti sono chiarissimi. In base alle richieste della Commissione Europea, votata unanimemente da forze di governo e dal Pd. il nostro paese si impegna ad abbattere l’indebitamento netto dal 7,2% del Pil del 2023 all’1,8% del 2029, scendendo già nel 2024 al 3,8%! Ma, dato ancora più folle, l’Italia dovrà ricostruire il proprio avanzo primario dal meno 3,5 del 2023 ad un più 2,4% del 2029, con un salto, anche qui formidabile, allo 0,1 nel 2024. Tutto questo dovrebbe avvenire mentre la spesa per interessi passerà del 3,7 al 4,2%, secondo una valutazione certamente ottimistica, e il Pil rimarrà costantemente sotto l’1%. Numeri di questo tipo significano una sola cosa: lo smantellamento dello Stato sociale, con drastici tagli alla spesa e con solerti privatizzazioni. Nel frattempo il governo abbassa l’Ires sui profitti dal 24 al 20%, dimenticando che proprio i profitti hanno beneficiato dell’inflazione e che la strada di “competere con i paradisi fiscali” si è rivelata il modo migliore per abbattere ulteriormente le entrate dello Stato. La quadreria di Casa Meloni dovrebbe cambiare….”

Franco Bortolotti 17-12-24


COMMENTI

Luciano Pallini
Il portogallo lo ha fatto con un governo di sinistra.
Franco Bortolotti
con ben altre politiche del lavoro e della casa

Acquirenti virtuali

TITOLO REDAZIONALE
La nostra carissima libraia Cinzia Zanfini ci aggiorna sulle sue avventure in libreria
FONTE Facebook 15-12-24
Post della sezione Notizie

Oggi parleremo di una pericolosissima specie di GC*, quelli che acquistano su Amazon.
Il maschio di questa specie è, in genere intorno ai 40 anni, mostra una predilezione per libri del settore di management e finanza e anche per tutte le biografie di personaggi come Elon Musk o Warren Buffet. Sogna di diventare ricco come Creso e, nell’attesa, si accontenta di leggere manuali motivazionali tipo “I segreti della mente milionaria”. Tutto sommato è un soggetto abbastanza innocuo e non ha bisogno di particolare assistenza. Va dritto al settore sceglie un po’ di libri, li sfoglia, fotografa le copertine e li mette a posto. L’esemplare femmina è invece assai insidioso per librai e libraie. In genere si tratta di donne, boomer e che si muovono in coppia. Intercettano il libraio o la libraia e iniziano a chiedere consigli su romanzi per fare dei regali a varie amiche e vogliono scegliere tra più libri. In genere molti. E vogliono che la povera libraia le racconti anche la trama di ognuno. Poi dopo averti fatto perdere un sacco di tempo fotografano le copertine: una regge il libro e l’altra scatta la foto. Non comprano mai niente. Dopo un mesetto ritornano e si ripete la pantomima.
In questi casi che fare? Mostrarsi gentili, consigliare un solo libro raccontandolo in due parole e passare ad altro. Comunque le odio.
*GC = Gentile Cliente

Cinzia Zanfini 15-12-24 #vitadalibraia

L’ASSASSINO E’ IL PROFITTO

Luca Ribechini su Facebook commenta il dramma di Calenzano

A distanza di pochi chilometri da Calenzano c’è la fabbrica in cui Luana d’Orazio è stata divorata da un orditoio, manomesso per accelerare la tessitura.
E c’è il cantiere dell’Esselunga, in cui altri cinque operai hanno perso la vita nel febbraio scorso, sempre a causa della “insufficienza” delle misure di sicurezza.
Ma la lista sarebbe ben più lunga, come quella delle vittime di un serial killer ben noto che nessuno vuole fermare: il Profitto.
Perché a ben vedere, se come sembra emergerà che anche nell’ENI di Calenzano sono state consapevolmente trascurate le procedure volte a proteggere la vita umana, non è solo nei confronti degli addetti ai lavori che bisogna intervenire.
Aziende spesso in subappalto e sub-subappalto, ingaggiate dal committente proprio per realizzare maggiori economie, a beneficio dell’utile economico.
O più semplicemente addetti pagati per accelerare a tutti i costi la produzione, e pazienza per i rischi in più a carico delle persone.
Secondo la teoria liberista, il Profitto è stata ed è tuttora la molla dello “sviluppo”, perché premiando la libera iniziativa individuale e la ricerca di guadagno aziendale faciliterebbe il benessere di tutta la collettività.
C’è chi addirittura ha detto che l’affermazione definitiva del modello capitalista va letta come “la fine della storia”, perché non esisterebbero ormai alternative di sorta per l’umanità.
In nome del Profitto si massacrano gli operai, si devasta l’ambiente, si scatenano guerre terribili per depredare le risorse naturali e sostenere le quotazioni di borsa del comparto bellico.
E non si tratta di cercare di mitigare il capitalismo, che ha in sé, nel proprio genoma e nel codice genetico della crescita continua e senza limiti, i cromosomi responsabili della progressiva distruzione del nostro mondo.
Chiedere un capitalismo dal volto umano sarebbe come chiedere a un leone di farsi vegetariano. Non c’entra la cattiveria, c’entra l’essenza stessa della sua natura predatoria.
Giusto, sacrosanto, inevitabile indignarsi contro l’ennesima strage di queste ore.
Purché si abbia il coraggio di fare un passo avanti e mettere in discussione il vero responsabile delle nostre sciagure.

Luca Ribechini 12-12-24

il Buon Natale di Ilario Poggesi

FONTE Facebook 16-12-24
Ilario Poggesi

“Buonasera! Non voglio derubarla, vorrei solo chiederle – per cortesia – se ha una moneta. Sa, è da questa mattina che non mangio.”
Anche io non avevo mangiato dalla mattina, ma perché sono a dieta, e così ho guardato le sue mani vecchie e gli ho fatto cenno verso la porta di uno di quei locali da stazione che puzzano di fritto vecchio e odorano di caffè, di quelli dove “si fanno” gli/di aperitivi. Lo sapevo che avrebbe voluto dissetarsi con un cartone di Tavernello, e quindi gli ho sorriso quando probabilmente nulla di quello che vedeva esposto riuscì a placare il suo senso di nausea.
L’ha preso poi il panino, uno di quelli di gomma, e una birra per farsi compagnia. Io ho bevuto un caffè e ho continuato a girare, ignorando colpevolmente tutti coloro che, dopo il terzo, vedendomi fumare mezzo sigaro, mi si facevano incontro con lo sguardo umiliato e le dita pronte a chiederne. Avevo già elemosinato ad una signora che conservava i tratti gentili che dovevano averla accompagnata fino al principiare della fine della vita. Piccola, indossava un giubbino rosa, che mi è parso profumare, e che ho pensato fosse stato lasciato indietro da una bimba. Non so perché, ma quel colore me l’ha persino fatta immaginare mentre allegra dondolava su un’altalena in un parco della città.
C’era freddo, quel freddo tipico delle stazioni, dove l’aria si intrufola e si sbatte incontrandosi a metà, proprio dove la gente sostava col naso all’insù e le spalle irrigidite a proteggere il collo guardando gli orari cambiare e diventare da verdi a rossi, e c’erano i mormorii che ai sibili dell’aria spostata dai pochi treni in arrivo, si univano in un sol coro.
L’uomo del Tavernello, dietro me, salutava una donna che rassicurata sul fatto di non dover essere derubata, frugava dentro una borsa grande e piena di cose, cercava alla rinfusa fino a trovare qualcosa che le ha fatto meritare un ringraziamento. La donna piccola, col viso lucido di crema e il giubbottino da bimba, fumava una sigaretta, con le spalle poggiate al pilastro dove di solito la gente si ferma a guardare gli orari dei treni che non corrispondono mai.
C’era quel freddo che paralizzava i piedi, che non faceva più sentir le mani, quello che alla fine non sai più se siano solo lacrime di gelo o pianto, che asciughi subito per la paura che ti si possano fermare là, irrigidite sul viso, eppure, a una certa ora iniziavano a girare le generose scollature e le gambe ricoperte da stivali lunghi, lunghi. E qualche uomo si voltava a guardare, distogliendo finalmente lo sguardo dal tabellone che non proponeva nessuna buona novità.
Più la notte si inoltrava più il traffico diventava surreale, di persone con i carrelli dei supermercati, spinti tenendo lo sguardo per terra, di ragazzi sudamericani dai capelli incollati dal gel, poco più che bambini, e dell’uomo del Tavernello, che recitava la sua parte a memoria, e della signora piccola e rosa che ora aveva una sporta e a passo lento andava oltre il primo binario, probabilmente a dormire.
Ma c’era un albero di Natale, che sembrava davvero bianco di ghiaccio, e alto che per guardarlo tutto, ancora dovevi volgere il naso all’insù e che man mano che si spegnevano le luci dei negozi, e dei locali che puzzano di fritto e odorano di caffè (di quelli dove “si fanno” gli/di aperitivi insomma), sembrava proprio brillare di più.
Ilario Poggesi, 16-12-24

La trebisonda di Mauro Banchini

FONTE Facebook
Mauro Bianchini su Pistoia la solidarietà la politica e le tasse

Colpisce davvero la notizia delle dimissioni, da direttore Agenzia Entrate, di un “uomo retto” (parole usate da Romano Prodi) come Ernesto Maria Ruffini.
In quel posto lui è stato su nomina di governi assai diversi. Ha cercato di contrastare lo scandalo dell’evasione fiscale. E qualche risultato lo ha raggiunto.
Adesso si è dimesso denunciando ciò che è sotto gli occhi di tutti (contrastare l’evasione fiscale – ha detto con amarezza – pare diventata “una colpa”).
A metà novembre abbiamo avuto modo, a Pistoia, come gruppo “Pistoia nessuno si salva da solo”, di presentare la nostra piccola esperienza – di solidarietà e giustizia – in un convegno organizzato dal LAFIS (Laboratorio Fiscale) di Vieri Ceriani.
Un convegno seguito, dall’inizio alla fine, proprio da un attentissimo Ruffini.
Nel suo intervento, riferendosi all’evasione fiscale, Ruffini usò la metafora del ramo segato da chi su quel ramo comunque siede e, segandolo, si fa male, molto male, da solo.
Perchè chi evade le tasse (che se tutti le pagassero secondo Costituzione potrebbero essere più lievi per tutti) non partecipa alla raccolta dei soldi necessari per mandare avanti sanità e scuola, strade e ponti, sociale e sicurezza … Uccidendo, così, le ragioni di una Costituzione basata su diritti e doveri.
E chi strizza gli occhi agli evasori, anche con continui condoni in favore dei soliti noti, fa una politica che piano piano distrugge lo Stato come raffigurato dalla Costituzione.
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Non so quale sarà il futuro di Ruffini, se ci saranno per lui occasioni di impegno politico, diretto o meno. Se sarà lui il frontman di una nuova aggregazione politica capace di attirare chi, deluso da tutto, non ha ancora perso la speranza che qualcosa si muova.
So però che in Italia, in un momento grave come questo, il bisogno di fare qualcosa per – insieme ad altri di altrettanta buona volontà – far tornare maiuscola la “p” di “politica” è urgente. Eccome se lo è.
Mauro Banchini

Geni precoci in libreria

TITOLO REDAZIONALE
Cinzia Zanfini, la nostra cara libraia, è rientrata al lavoro dopo la malattia e viene messa a dura prova
FONTE Facebook 14-12-24

GC* arriva in libreria spingendo un passeggino con un bimbo di circa un anno e mezzo. Indicandomi il bambino mi chiede un puzzle adatto a lui.
Il padre, che assomiglia a Furio Zoccani, pedante fino a ogni limite, ci tiene a precisare che l’infante ha esattamente 15 mesi.
Comincio a mostrare dei puzzle di legno quelli da 2/4 pezzi. No mi dice “Furio”. Sono troppo facili suo figlio quella fase l’ha superata da un bel pezzo. Comincio a tirare fuori quelli da 8 pezzi a forma di campana, di pecora, di ambulanza. Non ci siamo. Il 15 pezzi della fattoria? O quello di Bambi? Nemmeno quelli sono adatti. Ormai il pupo è andato oltre. Il 2×24 Disney? Il 48 pezzi dell’Uomo ragno? Il 100 pezzi de La Carica dei 101?
200 pezzi con Peppa Pig?
Nessuno va bene.
Furio mi dice: – No, mio figlio fa dei puzzle molto più impegnativi e poi i personaggi dei cartoni animati sono da bambini piccoli. –
Mi viene da rispondere che un bambino di 15 mesi è un bambino piccolo. Ma, ligia alla regola che non si deve contraddire il cliente, mi taccio. Furio continua a descrivere le abilità del figlio, io sempre più disperata continuo a mostrare puzzle che non accontentano il GC. Il piccolo Einstein intanto è crollato sul passeggino e se la dorme. Alla fine sfodero la frasetta di salvataggio: “Ho quello che fa al caso suo.”
Puzzle Ravensburger 1000 pezzi che riproduce la carta geografica della Germania.
Il GC si illumina : – Questo sì che va bene! –
E va alla cassa a pagare. Io faccio gli esercizi di respirazione. Il bambino continua a dormire beatamente. E il GC, una volta rincasato, inizierà un nuovo puzzle.
*GC = Gentile Cliente.

Cinzia Zanfini 14-12-24 #vitadalibraia

COMMENTI


Maria Milani Genio in erba
Gherardo Del Lungo Hai fatto bene, forse è il nuovo Federico Barbarossa.
Svetlana Živković Anche da queste parti son tutti geni: parlano già perlomeno tre lingue…
Giorgia Zangrossi Se io non lavorassi in un Servizio Clienti, penso che non riuscirei mai a credere a storie come questa… Ma visto che di GC ne sento tutti i giorni, non mi stupisco più di niente!😅😂
Mariangela Caprara Dovevi chiamare la polizia secondo me
Antonio Pirolo Cmq per me ti sbagli, GC non sta per Gentile cliente ma per Gentile Coxxione
Lara Fantoni Secondo me Furio, prima che finisca la post adolescenza del figlio, fa una pessima fine.
Mario Salvaderi Corro su Google a vedere chi è il sig. Zoccani
Maria Luisa La Gamba Complimenti per la tua pazienza Cinzia! 👏👏
Un forte abbraccio! ❤️
Elisabetta Maestrini Povero bimbo, privato del diritto al gioco.
Andrea Semplici Se mi riveli (in privato) quale è la tua libreria, vengo a trovarti come GC…abbraccio
Giancarlo Piani E poi ti viene da pensare: come si stava bene a casa in malattia… Comunque sei stata anche troppo buona…dovevi rifilargli un puzzle da 5.000 pezzi da impazzire, tipo quelli “tutto cielo”.
Lucia Mascalchi Son quelli che a 12 anni diventano dipendenti da sostanze…e ci credo, con quell’ansia da prestazione che si portano dietro da un decennio o si suicidano o si drogano.

TORNA “LA VOIE ROYALE” DI MALRAUX NEL MYANMAR

Franco Bortolotti sul Myanmar
FONTE Facebook 13-12-24
Post della sezione Notizie

Ho letto diversi articoli sul sito della BBC che descrivono la situazione instabile del Myanmar (che “ai miei tempi” si chiamava Birmania). Sono storie degne del “cuore di tenebra” di Conrad, o se volete di Malraux.
Un articolo del 2023 racconta la storia della remota città di Lauakking, verso il confine cinese. Storicamente la presenza etnica cinese è forte nella regione, e il controllo politico centrale debole. Dopo la rivoluzione in Cina era in corso una lunga guerriglia dei comunisti birmani, cui nel 1989 la Cina tagliò i rifornimenti, a seguito dell’evoluzione del contesto internazionale (e dello scontro politico fra militari al potere e Aung San Suu Kyi, ma questa è un’altra storia). La guerriglia si frantumò, e un volenteroso comandante, Peng Juasheng, si organizzò per conto suo, allestendo una organizzazione criminale di un certo peso nella regione periferica e povera dello Shan, la cui unica risorsa era l’oppio. I capi militari locali vennero a patti con Peng, non riuscendo a eliminarlo, e vissero tutti felici e contenti. Laukkaing si trasformò in una sorta di villaggio del selvaggio west, però in grande, dove tutto si può comprare. Fra le altre cose, da Laukkaing si gestiva il traffico di oppio, ma Peng ebbe l’intelligenza di diversificare, concentrandosi sui casinò (“scam centres”), fra l’altro divenuti poi centri di lucrose truffe online in tutto il mondo. Nel 2009 il vicecomandante di Peng, si rivoltò contro il capo e il controllo delle case fu assunto da quattro famiglie mafiose, che ottennero protezione dai rappresentanti governativi, in primis il futuro uomo forte del Myanmar; la politica governativa era di assegnare loro il ruolo di una sorta di milizia ausiliaria di frontiera. Min Aung Hlaing, che in seguito è divenuto il capo della giunta militare che governa la Birmania fu il regista dell’operazione di accomodamento con le quattro famiglie. L’attività delle famiglie si è evoluta in campo energetico, infrastrutturale, commerciale, e ha avviato relazioni con atticità analoghe in Cina, a macao, in Cambogia, etc.

Peng, fuggito in Cina, ha rimesso in piedi il suo esercito guerrigliero, MNDAA in Myanmar, ed è morto un paio d’anni fa, con un funerale sontuoso degno di un vero padrino, cui hanno reso omaggio anche i rivali e le autorità militari birmane.
Le case da gioco, vietate in Cina, ma attraenti per i cinesi, fatturavano miliardi di dollari, e hanno richiesto una manodpera imponente; si dice che centomila immigrati (anche dalla Cina) lavorino in condizioni di schiavitù, nelle case di Laukkaing. Nel settembre 2023 la Cina ha chiesto però che la attività delle case fosse impedita. La famiglia più potente, quella di Ming Xuechang (lui stesso ricopriva cariche nella stessa polizia locale, facente funzione di una sua personale milizia), un mese dopo, è incappata in un incidente: mentre era in corso un trasferimento della sua casa da gioco (probabilmente dopo una soffiata) 50 o 100 dipendenti hanno tentato la fuga, c’è stata una sparatoria con molti morti, fra cui probabilmente alcuni agenti della polizia cinese sotto copertura. Questo ha portato ad una richiesta di estradizione da parte dei cinesi, che hanno masso le mani su centinaia (!) di membri delle “famiglie”, adesso processati in Cina, e forse a un cambio di strategia verso il Myanmar; da quel momento le guerriglie locali si sono intensificate (la Cina afferma di non aver cambiato la sua politica di neutralità e non ingerenza), in particolare quella dell’”Alleanza dei tre fratelli” (tre diversi eserciti guerriglieri), che si sospetta abbia l’appoggio cinese.

Però, non traete conclusioni affrettate: questo è solo uno dei conflitti etnici che attraversano Myanmar, e neanche il più importante. Uno dei più noti è quello dei Karen (a sud dello stato shan, di cui si parla sopra). Poi c’è quello dei Rakhin, al confine con il Bangladesh; secondoo le ultime notizie, il fronte AA controlla ora tutto il confine fra i due paesi. Da quelle parti ci sono anche i Rohingya (islamici) il cui esodo per mare ha attirato una certa attenzione; uno dei numerosi punti di attrito e guerriglia fra mondo buddista e mondo islamico. Tutti contro i militari? non è così semplice. I rapporti fra Rohingya e Rakhin sono tutt’altro che buoni, e dopo averli ben perseguitati la giunta militare sta ora corteggiando i Rohingya perché gli facciano da milizia ausiliaria. L’esercito guerrigliero AA fa(ceva?) parte della “Alleanza dei tre fratelli” (vedi sopra), ma gli altri due sembrano più inclini ad accettare le tregue proposta su mediazione cinese. I cinesi preferirrebbero in generale un paese pacificato e tranquillo, che lasci passare i loro convogli di merci, e si trovano a che fare con una molteplicità di guerre etniche, di scontri sociali, con un esercito con cui hanno buoni rapporti, ma che è convinto di avere una missione divina per governare il paese. A proposito, aggornamento della nota rpecedente: tutti i tre signori della guerra superstiti di Laukkaing sono stati estradati in Cina (il quarto sembra sia stato suicidato), non si sa bene come si rimetterà l’economia della regione ora che le case da gioco sono chiuse e i dipendenti sono stati rimpatriati in vari paesi, annche con un “ponte aereo”, il capo della Giunta è stato ben accolto a Pechino.

Franco Bortolotti 13-12-24