La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro Giorgetti hanno celebrato con grande fasto la promozione dell’agenzia di Rating che porta il debito italiano da BBB a BBB più. Forse sono ncessararie però alcune considerazioni in merito. La prima. Il giudizio di Fitch si basa fondamentalmente sulla capacità dello Stato che emette il debito di garantirne il pagamento. Tale capacità, a sua volta, viene fatta discendere dalla stabilità politica del paese, dal livello di indebitamento che deve essere tendenzialmente basso soprattutto in relazione al Pil, dalla solidità delle istituzioni finanziarie e dalla natura e dall’andamento del mercato del lavoro. In altre parole, un paese con un governo che non avesse opposizione è più sicuro di una democrazia matura, un paese che fa poca spesa sociale e magari ha un Pil trainato solo da esportazioni e da rendimenti finanziari di cui beneficiano le classi alte è più sicuro, un paese che ha un mercato del lavoro con poche rivendicazioni in termini di aumenti salariali è più sicuro. Per essere ancora più chiari non compaiono nelle valutazioni di Fitch, come della altre agenzie di rating, le disuguaglianze sociali se le eventuale tensioni sono bene sorvegliate, non figurano indicazioni sulla natura del Pil, se cioè dipenda in larga misura dalla rendita piuttosto che dal lavoro e neppure contano le considerazioni sulla capacità del sistema delle banche e delle assicurazioni di garantire servizi collettivi non conidizionati dal monopolio. Verrebbe da dire che Fitch, come le altre agenzie di rating, preminano austerità disuguaglianza sociale, riduzione della spesa pubblica e sistemi bancari e finanziari monopolistici. In pratica premiano il capitalismo finanziario. Non è un caso dunque che nei primi 10 posti della classifica di Fitch ci siano 3 partisi fiscali, la Svizzera, la Norvegia, che dispone di un colossale fondo sovrano alimentato da petrolio e gas, e paesi con poco debito e disuguaglianze non trascurabili. Infine vale la pena ricordare che Fitch è di proprietà del gruppo Hearst, con la presenza, oltre che dei membri della famiglia, dei grandi gestori del risparmio – le Big Three – attraverso alcuni fondi fiduciari.
Un’ultima considerazione riguarda la tanta sbandierata riduzione del costo degli interessi per effetto della promozione: in merito bisognerebbe ricordare che BBB più è ancora una collocazione a rischio e dunque il beneficio in conto interessi è tutto da valutare, visto peraltro che i decennali italiani pagano oltre il 3% e devono fare i conti con una vasta concorrenza più remunerativa a cominciare dai titoli Usa. E poi, proprio per i criteri già ricordati, se il governo Meloni approvasse una legge di bilancio meno dipendente dall’austerità e dal riarmo, che non è conteggiato ai fini dei vincoli europei, è molto probabile un aumento ulteriore degli interessi in barba a Fitch. Insomma Giorgia Meloni esulta per la mini promozione fornitale da un arnese dell capitalismo finanziario i cui benefici, in termini di finanza pubblica e quindi per la popolazione italiana sono pressoché inesistenti, mentre per la presidente del Consiglio significa la piena dichiarazione di fede all’ordine della grande finanza Usa.
Alessandro Volpi Facebook 22-9-25
